giovedì 13 dicembre 2007

I ragazzi leggono Emilio Lussu (2. Debora Spanu)

lussuIntervento di Spanu Debora VB Scienze Sociali Dell’Istituto Magistrale “Baudi di Vesme” di Iglesias

Vorrei aprire il mio intervento con due citazioni, si tratta di due brani che mi hanno orientato nella lettura del breve racconto di E. Lussu Il cinghiale del diavolo.

Nostro Signore ha mandato sulla terra gli animali per il piacere e il sostentamento degli uomini. Se un cinghiale ha su di sé il segno della croce, è lo Spirito del Male che gliel’ha posta. Oppure è un’anima che fa penitenza. Son cose che oggi si vedono di rado, ma i nostri padri, che vivevano giustamente, ne vedevano tutti i giorni (p. 39-40).

E l’altra tratta da un testo più recente del 1967 dello stesso Lussu:
Questo mondo arcaico di cui io parlo, patriarcale e barbarico, aveva una sua civiltà e una sua cultura (…). Esso è scomparso e non è stato ancora sostituito da una nuova civiltà, più avanzata, che lo inserisca nel mondo moderno (p. 29).

Il male di cui narra Lussu nel racconto Il cinghiale del diavolo, e gli elementi ad esso legati, testimoniano certo della presenza in Sardegna di una concezione ancora animistica della natura, tipica di quella civiltà arcaica descritta dallo stesso Lussu, ma ancora presente nella Sardegna odierna, soprattutto nei piccoli centri più distanti dalle grandi città.
Un male cioè che oltrepassa la realtà umana e si estende a tutta la natura, che così si carica di elementi soprannaturali.
(Ancora oggi la letteratura di Niffoi, o alcune pagine di Marcello Fois sembrano voler proporre una natura munita di tali caratteri).
Tale natura nemica, ostile all’uomo, e abitata da spiriti maligni, ricalca certo una immagine della natura ancora di sapore mitologico, animata da potenze superiori e ostili all’uomo.
Tuttavia la permanenza di tali motivi arcaici, rende ancora attuale il monito di Lussu prima richiamato: <> (p. 29).
Ritengo possa essere visto in questo pregnante passaggio, il problema che ancora oggi si pone e su cui si dibatte in Sardegna relativamente al rapporto tra modernità e tradizione e che certo deve aver orientato l’impegno politico di E. Lussu nella fondazione del Partito Sardo d’Azione.
Questa posizione intermedia della Sardegna tra un mondo arcaico, ormai svanito e civiltà moderna non ancora affermata lascia la Sardegna in una posizione di forte contraddizione.

La lettura del racconto è stata un pretesto per affrontare diversi di questi problemi, ad esempio la questione della lingua, dell’identità ed altresì per confrontare la specificità della Sardegna con temi di carattere più generale di ordine non solo storico ma altresì filosofico come quello del rapporto tra pensiero mitico e pensiero razionale.

I ragazzi leggono Emilio Lussu (1. Alessio Casti Lebiu)

Intervento di Alessio Casti Lebiu della 5B Scienze Sociali dell’Istituto Magistrale di Iglesias

La lettura del libro di Emilio Lussu, Il cinghiale del diavolo, ci ha condotti anche alla considerazione del Lussu politico. Ritengo sia importante raccogliere il senso della sua esperienza politica, non solo perché testimonia di un grande impegno e di una passione politica autentica, capace di contrapporsi con coraggio e vigore ad un potere che allora si esercitava anche in forme molto violente, ma altresì per l’incidenza ancora presente, nel dibattito politico contemporaneo, di quella esperienza.
Lussu infatti fondò il Partito Sardo d’Azione, da subito connotato come movimento autonomista e federalista, che pose al centro della sua azione politica la questione “nazionale sarda”. Già questo richiama una paternità evidente rispetto a questioni che non solo sono oggi oggetto di attenta riflessione e considerazione politica, ma definisce l’orizzonte di una questione sociale e culturale che coinvolge i sardi in maniera sempre più insistente intorno al problema dell’identità, della lingua, e del valore di queste in un universo che inequivocabilmente ha assunto le forme della globalizzazione.
Il PsdAz venne costituito nel 1921 con l’obiettivo di contrastare la crescita del movimento dei Fasci, e coinvolse contadini e pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti. Nello stesso anno Lussu venne eletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della “secessione aventiniana”, celebre forma di protesta intrapresa da diversi parlamentari dopo il delitto Matteotti. La sua posizione fu sempre tra le più radicali, e fu per questo più volte colpito personalmente e fisicamente da aggressori rimasti ignoti. Nel 1926 Lussu sparò ad uno di loro mentre cercava di introdursi nella sua casa a Cagliari; lo squadrista morì in seguito alla ferita e Lussu venne condannato a cinque anni di confino a Lipari. Da questo confino evase tre anni dopo per raggiungere Parigi. Insieme a Salvemini e Rosselli diede vita al movimento antifascista “Giustizia e Libertà”, orientato in senso socialista e liberale che proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime. Nel 1948 divenne ministro del primo governo di unità nazionale. Nel 1964 partecipò alla scissione del PSI da cui nacque il PSIUP contro la politica di intese con la Democrazia Cristiana avviata da Nenni.

È certo una esperienza di vita che i giovani dovrebbero avere presente per comprendere il valore di un serio impegno sociale e politico quale è stato quello di E. Lussu, talvolta condotto fino a mettere in gioco la propria tranquillità e sicurezza, soprattutto oggi che le nuove generazioni sembrano essere soprattutto caratterizzate da molto disorientamento e da atteggiamenti talvolta inquietanti.