lunedì 29 ottobre 2007

Il futuro del libro, tra scuole e biblioteche...

Il futuro del libro, tra scuole e biblioteche per allevare quei nuovi lettori che è arduo recuperare in aree di frontiera

di Francesca Madrigali

Il sabato del villaggio del libro si snoda attorno alle Ultime notizie dal mondo del libro. Il futuro del libro e la promozione della lettura da Gutenberg a internet, ovvero l'ambizioso titolo dato alla tavola rotonda cui hanno partecipato sabato alcuni addetti ai lavori nello spazio delle ex Caserme Mura, in cui si svolge la 7 edizione della Mostra del Libro di Macomer. C'erano Maria Grazia Arru per il portale Sardegna Cultura, Aldo Addis (Associazione dei librai sardi indipendenti), Valentina Francese (Fanucci editore), Daniele Di Gennaro (Minimum Fax), Vanna Fois (Ilisso), Sandro Ghiani (AIB Sardegna), Gianni Marilotti (Presidi del libro della Sardegna), Giuseppe Mocci (Associazione Editori Sardi).

Il tema è ambizioso perché i relatori sono molti e il tempo è tiranno, cosa che un po' ha contratto il dibattito sul più bello e un po' ha garantito il pubblico dal pericolo di una ripetizione di concetti già sentiti, di solito incentrati sul concetto della necessità del “fare sistema” e sulle rimostranze che ognuno può avanzare non sentendosi sufficientemente sostenuto da quelli che dovrebbero essere i “partner” nella filiera del libro.

Partendo dai consueti dati Istat del 2006, che segnalano un allarmante 54% di non-lettori in Italia, Alberto Urgu ha moderato e indirizzato l'incontro sul duplice binario dello stato dell'arte e delle possibilità di proseguire e migliorare nelle strategie di promozione editoriale, tasto dolente dell'intero settore librario: a questo proposito, sono state di grande interesse le testimonianze di due editori “medi”, che hanno avuto successo anche grazie alle strategie commerciali e di marketing messe in atto.

Il ruolo delle biblioteche, insieme di «lettori organizzati dalla mano pubblica», è stato analizzato da Sandro Ghiani, che ha ventilato l'ipotesi di una sorta di persistente diffidenza dei librai verso il prestito gratuito. Eventualità prontamente smentita da Addis, che anzi si è dichiarato «stupito che si parli ancora di questa ipotesi» e consapevole dell'interazione sinergica fra biblioteche e librai. Un libro prestato per 10 volte, insomma, non si traduce necessariamente in 9 vendite in meno, anche se è vero che le biblioteche raramente vengono coinvolte nelle attività promozionali. Eppure, certo grazie al lavoro dei bravi bibliotecari e dei bravi librai (cose tutt'altro che scontate, come ogni lettore-consumatore sa), il rapporto fra i due vettori si rivela vincente per stimolare il desiderio di lettura e di cultura, soprattutto nei giovanissimi, ovvero i lettori di domani.

Il futuro è soprattutto il tema di questa edizione delle Fiera del libro, proprio perché l'attenzione è puntata verso le scuole e le loro biblioteche, clienti-consumatori che attraverso la valutazione dei loro operatori avranno modo, con i nuovi finanziamenti regionali a loro dedicati, di rifornire le loro strutture secondo criteri di qualità e «non più in base a sconti e ribassi», chiarisce ancora Addis, aggiungendo che oltre alle buone intenzioni sono necessari anche atti concreti per far sì che le risorse destinate alla scuola rimangano in Sardegna, vengano cioè rimesse nel circolo delle librerie sarde. L'auspicio è quello di «un futuro in cui si parli sempre più di investimenti e non di assistenza, e nel quale i libri siano promossi e non stoccati in qualche magazzino pubblico».

Nel territorio più interno della Sardegna, in zone in cui il paese più grande ha tremila abitanti, si è partiti quasi da zero e oggi ci sono circa 17 biblioteche aperte al pubblico. Attualmente il numero di frequentatori delle biblioteche non sembra essere diminuito, ma una fetta consistente di pubblico entra per usufruire soprattutto dei servizi multimediali, ha spiegato Ghiani. È la democraticità e velocità della Rete, bellezza: e non è detto che sia un male, visto che oggi molto più di ieri l'utente ha modo di accedere e di interagire con il testo.

In controtendenza le grandi città come Cagliari e Sassari, nelle quali spesso manca un servizio di pubblica lettura e non si riesce a raggiungere tutti i quartieri. Proprio al raggiungimento dei lettori nelle aree di frontiera è dedicata l'attività dei Presìdi del Libro, dei quali Gianni Marilotti conferma la mission e la volontà di condivisione e apertura. Durante la serata è stato inaugurato il nuovo presidio Verbavoglio di Macomer.

Giuseppe Mocci, delle Edizioni Aipsa, è invece intervenuto in rappresentanza dell'AES, che opera da 21 anni con circa 35 editori associati. L'organizzazione è orientata al dialogo con le istituzioni e gli operatori della cultura, con la piena consapevolezza della necessità un lavoro comune da un lato e della necessità di ripensare alcune forme di promozione dall'altro: il riferimento è alle Fiere, che non hanno tutte lo stesso dinamismo e risultato in termini di partecipazione e visibilità, come invece sembra funzionare per le presentazioni, che raggiungono anche le 350-400 per anno e sono ritenute soddisfacenti.

«Ci auguriamo che venga fatta, in tempi brevi, una legge per l'editoria: attualmente il comparto ne è privo perché la 22 è stata abbandonata. Speriamo anche che i caratteri della nuova legge vadano nelle direzione di quegli imprenditori-editori che hanno un progetto», ha detto Mocci, così come nel tracciato dell'ultima delibera della Giunta regionale.

Il tasto dolente è quello di alcune altre politiche che destano preoccupazione, come la «concorrenza sleale della Regione che si fa editore» o della possibile lesione dei diritti d'autore derivante dal fatto che la Regione Sardegna ha messo sul sito www.sardegnacultura.it, di cui sono state proiettate alcune pagine, numerosi testi di narrativa e non solo degli autori sardi, che si possono scaricare liberamente. È una possibilità in più per i lettori? Significa una maggiore democrazia nell'accesso al libro? O piuttosto favorire l'immaterialità della risorsa può causarne la disaffezione? Domande, forse, da lettore forte e conservatore.

I riferimenti alla “nouvelle vague” sarda o al fenomeno dei festival letterari portano inevitabilmente al discorso sulla identità e specificità sarda, anche se - come osserva Daniele Di Gennaro della Minimum Fax, partendo dalla propria esperienza di piccolo editore che le ha inventate tutte per sopravvivere e crescere - «imitazione e meticciato sono cultura, perché è nel momento dell'ibridazione che la gente comincia a parlarsi».

Per dirlo chiaramente: «Gli editori sardi hanno avuto successo perché i libri erano belli, non perché erano sardi, il marchio doc mi dà ansia così come parole come presidio, sistema ecc.». Un chiaro invito insomma a spostare la prospettiva dal proprio ombelico al mondo esterno, magari anche “contaminandosi” con altri linguaggi, come la Minimum Fax ha fatto in maniera massiccia: readings, concerti, eventi multimediali con artisti di vario tipo, che rendessero più “emozionale” e quasi “tattile” l'esperienza della parola scritta.

Anche Valentina Francese della Fanucci, editore medio specializzato in fantascienza, fantasy, letteratura per teenager e non solo (pubblica anche il recente Nobel Doris Lessing) ha portato l'esperienza di un operatore che non potendo certo contare sui bestsellers alla Dan Brown deve puntare sui propri lettori attuali e futuri, “fidelizzandoli” dalla tenera età. «Il tempo delle presentazioni tradizionali sta finendo, e gli eventi più fruttuosi sono quelli in collaborazione con le scuole e le biblioteche»: tutto torna, dunque.

Prudenza nella lettura dei dati Istat e realismo nella valutazione dello status quo sono stati richiamati da Vanna Fois della casa editrice Ilisso, per cui il problema è triplice. C'è la flessione delle vendite in libreria, il fatto che molti buoni libri siano “invisibili” perché sottoposti a meccanismi di distribuzione penalizzanti e infine la necessità di sostenere un obiettivo comune: la promozione del libro, perché «se ne crei il bisogno», per anticiparlo quasi.

La comunione d'intenti è peraltro cosa condivisibile e più imprenditorialmente intelligente del volersi distinguere a tutti i costi, sentendosi “altro” rispetto ad attori della filiera del libro quali i bibliotecari, i librai, gli stessi lettori che, come ricorda l'eretico Di Gennaro, ormai spesso ne sanno più degli stessi editori e non mancano, grazie alle enormi possibilità che la Rete ha aperto, «infrangendo il muro dell'intransitività», di far sentire la loro voce.

È certo merito dell'Aes quello di aver compreso e fatto comprendere che i tempi dell'assistenzialismo sono tramontati, e per fortuna, si potrebbe aggiungere: perché così si darà modo a chi è culturalmente appassionato e onesto a livello imprenditoriale di emergere, staccandosi da quella immagine allo stesso tempo sacerdotale e parassitaria cui viene associato un operatore economico che si occupa di editoria in qualche modo finanziata dalla mano pubblica.

Certo le istituzioni, così attente alla riscoperta dell'identità sarda, non possono tralasciare un settore tanto importante; e si capisce il rammarico di chi si sente trattato da figliastro rispetto ad altri soggetti, che magari hanno una immagine più forte e accattivante ma contenuti e prospettive di rafforzamento della cultura isolana differenti. Cultura che probabilmente dovrà, anche lei, scendere a patti in qualche modo con l'inevitabilità del “meticciato” e dei nuovi linguaggi, che certo la renderanno meno “pura” e integrale, ma meno fideistica e astratta. E l'avvicinamento - e perché no, la fidelizzazione - delle persone alla cultura val bene un compromesso.

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