martedì 30 ottobre 2007

Piazza spoglia?

Nelle due immagini (rispettivamente di Giacomo Mameli e Paolo Lusci) sono visibili l'orribile tendone e la piazza terribilmente spoglia descritti da
Michelina Borsari.
A proposito di questo intervento, mi permetto una riflessione sul concetto stesso di locale, soprattutto se usato come alternativa semantica, di stampo buonista, alla vecchia parola, snob e politicamente scorretta, provinciale.
La provincialità, lungi dall'essere un dato oggettivo, consiste fondamentalmente nell'imbarazzo di essere altro, una sorta di complesso che spinge all'omologazione. La Borsari, nell'intervista, si mostra eccessivamente introiettata nel proprio microcosmo ed infatti non coglie affatto che questo tipo di imbarazzo a Macomer non c'era. C'erano libri sardi, ma perché, è evidente a tutti, i libri sardi hanno qualcosa di diverso da dire a tutto il mondo, non solo ai sardi stessi.
Forse, semplicemente, i sardi sanno essere altro, senza rincorrere modelli omologanti, tantomeno quelli radical chic e, in virtù di questa dote, amano e apprezzano qualunque forma di diversità, si pongono in ascolto.
Il senso di grandeur incarnato nelle idee della Borsari è il chiaro segno di dove abiti la provincialità e del sentiero che la Sardegna, nel suo percorso culturale, non dovrebbe mai seguire.
Insomma, non si può pretendere che la cantina di Santadi impari a fare il Terre Brune nelle aziende di Zonin... A ciascuno il suo!

1 commento:

Antonio ha detto...

Non riesco a trovare l'articolo della Borsari, ma da quello che ho capito, si tratta dell'ennesima esaltazione del globale a scapito del locale. Mi sembra una diatriba vecchia, visto che il globale è fatto essenzilmente di locale e il globale si nutre di locale. Io penso che chi sminuisce il valore delle iniziative "comunitarie", sminuisca lo stesso valore delle comunità umane. Quindi viva il locale aperto ad una dimensione globale! Spero che la mostra di Macomer vada in questo senso.
Antonio