lunedì 29 ottobre 2007

Macomer, giù il sipario con l'ossessione della sardità

L'UNIONE SARDA 29/10/2007
DALL' INVIATO EMILIANO FARINA
Macomer. Qualcuno chiede di essere lasciato in pace perché quando sente «quella parola» gli viene da tirare fuori la pistola. Il termine da lacrime e sangue è «identità» e il pistolero si nasconde tra i quarantadue autori che hanno dato inchiostro a Cartas de Logu. Scrittori sardi allo specchio (Cuec, 218 pagine, 12 euro), una raccolta di opinioni curata da Giulio Angioni sul senso di appartenenza all'Isola natia. Qualcuno la chiama anche coscienza storica.
Il volume è stato presentato ieri (moderatore Marco Noce) nella serata conclusiva della Mostra del libro di Macomer. Un sigillo ideale per una rassegna incentrata quasi ossessivamente sul rapporto tra essere uno scrittore, essere sardo ed essere uno scrittore sardo. Una formula, quest'ultima, che sulla scia del successo ottenuto da una lunga schiera di penne di Sardegna, sta contribuendo a creare un mito/verità che da giorni s'ode indisturbato tra gli stand della mostra all'Ex Caserma Mura. «Gli editori fanno a gara per poter aver uno scrittore sardo in catalogo». E semmai dovesse prevalere il mito sulla verità, non è stato certo sfatato a Macomer.
Il pistolero si cela in un elenco alfabetico che va dalla A di Abate Francesco fino alla T di Tognolini Bruno. Ci sarebbero anche altre lettere come la Z , «ma c'è chi si è ritirato e chi non ne ha voluto sapere di affrontare questo argomento», spiega Angioni. Se Cartas de Logu è un bel campionario di confessioni sul proprio grado di sardità, il vero problema è capire se l'identità sbandierata come marchio doc di un prodotto oggi indiscutibilmente appetibile sia un'operazione di marketing editoriale o di appartenenza reale a una vita interiore dal gusto nuragico. Le posizioni degli autori sono le più diverse. Le testimonianze dei quarantadue (uno è anonimo) hanno forme letterarie altrettanto diverse: si va dal saggio alla poesia, dai racconti ad accenni giornalistici. Alcuni sono scritti bene e sono interessanti, altri no. Tra i più curiosi c'è quello di Nicola Lecca, l'autore considerato meno “sardo” di tutti. Il titolo è Essere uno scrittore sardo . «Mi sento tanto sardo quanto tutti gli altri scrittori della mia terra e sono convinto che nei miei libri ci sia molta più Sardegna di quanto si pensi».
La più chiara è Bianca Pitzorno: «Se dovessi dare una definizione di me stessa sulla scrittura, temo che deluderei moltissimo i cultori della “letteratura sarda” perché mi direi senza esitare “scrittrice europea di lingua italiana”. Angioni spiega il motivo di una simile presa di distanza. «Poco prima di scrivere la sua testimonianza, la Pitzorno aveva ricevuto uno dei tanti attacchi da parte di alcuni estremisti della sardità. Sicuramente era infastidita e oggi, potendo, scriverebbe cose diverse».
Un giudizio tecnico collettivo sull'opera arriva da Simonetta Sanna, docente di filologia ed esperta di emigrazione, immigrazione ed etnie. Ha analizzato analiticamente i singoli scrittori individuando tre grandi tematiche legate al loro personale concetto di identità: natura, storia e cultura. In Fresi - sostiene - la sardità è ben delineata, nella Agus prevale il concetto di “tana”, in Francesco Casula c'è il vincolo linguistico. Puddu, Marroccu, Fois e Marci sono particolarmente complessi. Antoni Arca è ibridato. Sanna boccia l'eccessivo attaccamento alla propria terra con una teoria che definisce dell'“identità fluida”: «Siamo in Europa e dobbiamo passare da un'ideologia fondata sulle radici a una nuova immagine più adeguata all'universo in movimento». E se Fiorella Ferruzzi interviene con Proesia (mix tra prosa e poesia), l'algherese Antoni Arca rivela senza troppi giri di parole chi è lo scrittore sardo: «Colui che scrive in lingua sarda». E basta.
Secondo Angioni (modalità antropologo), Cartas de Logu «è una foto di gruppo enorme che non so nemmeno come sia nata». Anzi, lo sa. «Da un incidente: molte delle singole testimonianze dovevano confluire negli atti di un convegno sull'identità. Dato che la cosa non è avvenuta, abbiamo pensato di pubblicarle così». D'accordo, ma chi è il pistolero? «Non ve lo dico, leggete il libro».

8 commenti:

Unknown ha detto...

Come al solito per l'Unione e sull'Unione non esisto. Nell'articolo di Farina, brillo insieme a Salvatore Pinna per la mia assenza, nonostante Simonetta Sanna abbia letto un lungo mio virgolettato citandolo come particolarmente significativo (e imbarazzandomi). E pazienza... chi se ne importa tutto sommato!

Regina Madry ha detto...

L'argomento, evidentemente, dà fuoco alle polveri: il rischio (consapevole) che corrono i puristi della sardità è quello di escludere dalla categoria "letteratura sarda" perfino la Deledda,perchè ha scritto in italiano. Certo la lingua è profondamente identificativa dell'identità, ma io da buona sarda (peraltro non parlante la limba, cosa da far inorridire,immagino...)sono testarda e la cosa non mi convince appieno...

Unknown ha detto...

Mancano anche gli interventi di Giacomo Mameli e di Michela Murgia, che hanno arricchito il dibattito, e le conclusioni di Simonetta Sanna. Insomma il pezzo sembra scritto a metà incontro. E' corretto fare così? Suggerirei un dibattito che esula dalla circostanza contingente di Macomer e riguarda i reportage e le recensioni su avvenimenti, festival ecc. Può un giornalista chiudere il pezzo su una partita al 10' del secondo tempo senza sapere come andrà a finire? Dite la vostra.
Paolo Maccioni

Anonimo ha detto...

Io accolgo il corretto invito di Paolo a non personalizzare l'evento (Emiliano Farina ha fatto un ottimo lavoro con una presenza costante come non ho visto fare da altri corrispondenti di testate locali) e a estendere la riflessione al problema più generale: COSA RIPORTA LA STAMPA DEGLI EVENTI CULTURALI?
E in seconda battuta: MEGLIO UN ARTICOLO CHE NON RENDE CONTO DI TUTTO O IL SILENZIO TOTALE DA PARTE DELLE ALTRE TESTATE?
Sarebbe interessante sentire più voci, con obiettività e senza pregiudiziali di alcun tipo, anche nei prossimi giorni.
P.S. Resta il fatto che Paolo per una ragione o per un'altra viene spesso omesso :-)
Andrea

Linguaggio Macchina ha detto...

Per facilitare la discussione propongo di postare intervento di Paolo (o di altre/altri volenterosi/e) e commentare quelli.
Osservo che i temi sono due:
1) l'argomento dell'ultimo articolo che abbiamo postato in rassegna stampa (unico perché oggi non ne sono usciti altri) ovvero la tavola rotonda di ieri sera Gli scrittori sardi allo specchio dell'identità;
2) i reportage e le recensioni su avvenimenti, festival ecc.

Se siete d'accordo inviateci vostro intervento a:
mostralibro@tiscali.it
con un titolo e una firma

Grazie, andreamameli

Anonimo ha detto...

Ciao Andrea e ciao Paolo, l'argomento è interessante, soprattutto perchè riguarda quella che mi sembra la Cenerentola dell'informazione isolana, ovvero la cultura. Lasciando perdere i casi specifici che tutti conosciamo, vorrei segnalarti che l'Altravoce si occupa anche oggi della Mostra di Macomer, e, posso dare la mia parola, esclusivamente di eventi seguiti dall'inizio alla fine. Anche quando sembrano interminabili, escono clamorosamente fuori tema, mettono a dura prova la pazienza degli spettatori... ;-))

Francesca Madrigali

Anonimo ha detto...

Mass media e fatti culturali
Paolo Maccioni ha posto un problema serio che riguarda il rapporto tra l'informazione e i fatti culturali. Parliamone pure. Molto spesso ci appare incredibile che nella nostra isola accadano fatti rilevanti e i mass media non neparlino, non informaino i lettori. In questo caso però l'obiettivo non è perfettamente centrato perchè Emiliano Farina ha scritto un bell'articolo sulla tavola rotonda di Macomer. Pazienza se qualche scrittore non è stato citato. Credo sia un fatto casuale e non ci sia nessuna censura.

Unknown ha detto...

Preciso la natura del mio commento, a parte il disappunto per le esclusioni, sono d'accordo con Andrea: Emiliano Farina almeno ha scritto qlcs. per parecchi giorni della mostra. Gli altri giornali che non hanno riferito affatto l'ultima giornata è come se, con l'unico gesto del non scrivere per niente, avessero omesso gli interventi Angioni, Sanna, Noce, Angius, Arca, Ferruzzi ecc. ecc. in un unico colpo. In teoria dovrebbe moltiplicarsi il rammarico. Eppure stiamo qui a sottolinere che il pezzo di Farina non è stato esaustivo perché il dibattito è andato oltre rispetto a ciò che riferisce l'articolo. Quindi, come dice andrea (quoto): "MEGLIO UN ARTICOLO CHE NON RENDE CONTO DI TUTTO O IL SILENZIO TOTALE DA PARTE DELLE ALTRE TESTATE?"
Meglio la prima che hai detto, ovviamente, anche se resto dell'idea che un evento se si racconta lo si racconta fino in fondo. Quindi la domanda diventa: ma quanto peso danno le testate a questa mostra -che pure senza pompa propagandistica fa il punto annuale sullo stato dell'editoria isolana- rispetto ad altri eventi?