giovedì 13 dicembre 2007

I ragazzi leggono Emilio Lussu (2. Debora Spanu)

lussuIntervento di Spanu Debora VB Scienze Sociali Dell’Istituto Magistrale “Baudi di Vesme” di Iglesias

Vorrei aprire il mio intervento con due citazioni, si tratta di due brani che mi hanno orientato nella lettura del breve racconto di E. Lussu Il cinghiale del diavolo.

Nostro Signore ha mandato sulla terra gli animali per il piacere e il sostentamento degli uomini. Se un cinghiale ha su di sé il segno della croce, è lo Spirito del Male che gliel’ha posta. Oppure è un’anima che fa penitenza. Son cose che oggi si vedono di rado, ma i nostri padri, che vivevano giustamente, ne vedevano tutti i giorni (p. 39-40).

E l’altra tratta da un testo più recente del 1967 dello stesso Lussu:
Questo mondo arcaico di cui io parlo, patriarcale e barbarico, aveva una sua civiltà e una sua cultura (…). Esso è scomparso e non è stato ancora sostituito da una nuova civiltà, più avanzata, che lo inserisca nel mondo moderno (p. 29).

Il male di cui narra Lussu nel racconto Il cinghiale del diavolo, e gli elementi ad esso legati, testimoniano certo della presenza in Sardegna di una concezione ancora animistica della natura, tipica di quella civiltà arcaica descritta dallo stesso Lussu, ma ancora presente nella Sardegna odierna, soprattutto nei piccoli centri più distanti dalle grandi città.
Un male cioè che oltrepassa la realtà umana e si estende a tutta la natura, che così si carica di elementi soprannaturali.
(Ancora oggi la letteratura di Niffoi, o alcune pagine di Marcello Fois sembrano voler proporre una natura munita di tali caratteri).
Tale natura nemica, ostile all’uomo, e abitata da spiriti maligni, ricalca certo una immagine della natura ancora di sapore mitologico, animata da potenze superiori e ostili all’uomo.
Tuttavia la permanenza di tali motivi arcaici, rende ancora attuale il monito di Lussu prima richiamato: <> (p. 29).
Ritengo possa essere visto in questo pregnante passaggio, il problema che ancora oggi si pone e su cui si dibatte in Sardegna relativamente al rapporto tra modernità e tradizione e che certo deve aver orientato l’impegno politico di E. Lussu nella fondazione del Partito Sardo d’Azione.
Questa posizione intermedia della Sardegna tra un mondo arcaico, ormai svanito e civiltà moderna non ancora affermata lascia la Sardegna in una posizione di forte contraddizione.

La lettura del racconto è stata un pretesto per affrontare diversi di questi problemi, ad esempio la questione della lingua, dell’identità ed altresì per confrontare la specificità della Sardegna con temi di carattere più generale di ordine non solo storico ma altresì filosofico come quello del rapporto tra pensiero mitico e pensiero razionale.

I ragazzi leggono Emilio Lussu (1. Alessio Casti Lebiu)

Intervento di Alessio Casti Lebiu della 5B Scienze Sociali dell’Istituto Magistrale di Iglesias

La lettura del libro di Emilio Lussu, Il cinghiale del diavolo, ci ha condotti anche alla considerazione del Lussu politico. Ritengo sia importante raccogliere il senso della sua esperienza politica, non solo perché testimonia di un grande impegno e di una passione politica autentica, capace di contrapporsi con coraggio e vigore ad un potere che allora si esercitava anche in forme molto violente, ma altresì per l’incidenza ancora presente, nel dibattito politico contemporaneo, di quella esperienza.
Lussu infatti fondò il Partito Sardo d’Azione, da subito connotato come movimento autonomista e federalista, che pose al centro della sua azione politica la questione “nazionale sarda”. Già questo richiama una paternità evidente rispetto a questioni che non solo sono oggi oggetto di attenta riflessione e considerazione politica, ma definisce l’orizzonte di una questione sociale e culturale che coinvolge i sardi in maniera sempre più insistente intorno al problema dell’identità, della lingua, e del valore di queste in un universo che inequivocabilmente ha assunto le forme della globalizzazione.
Il PsdAz venne costituito nel 1921 con l’obiettivo di contrastare la crescita del movimento dei Fasci, e coinvolse contadini e pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti. Nello stesso anno Lussu venne eletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della “secessione aventiniana”, celebre forma di protesta intrapresa da diversi parlamentari dopo il delitto Matteotti. La sua posizione fu sempre tra le più radicali, e fu per questo più volte colpito personalmente e fisicamente da aggressori rimasti ignoti. Nel 1926 Lussu sparò ad uno di loro mentre cercava di introdursi nella sua casa a Cagliari; lo squadrista morì in seguito alla ferita e Lussu venne condannato a cinque anni di confino a Lipari. Da questo confino evase tre anni dopo per raggiungere Parigi. Insieme a Salvemini e Rosselli diede vita al movimento antifascista “Giustizia e Libertà”, orientato in senso socialista e liberale che proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime. Nel 1948 divenne ministro del primo governo di unità nazionale. Nel 1964 partecipò alla scissione del PSI da cui nacque il PSIUP contro la politica di intese con la Democrazia Cristiana avviata da Nenni.

È certo una esperienza di vita che i giovani dovrebbero avere presente per comprendere il valore di un serio impegno sociale e politico quale è stato quello di E. Lussu, talvolta condotto fino a mettere in gioco la propria tranquillità e sicurezza, soprattutto oggi che le nuove generazioni sembrano essere soprattutto caratterizzate da molto disorientamento e da atteggiamenti talvolta inquietanti.

domenica 2 dicembre 2007

Una Mostra proiettata verso il futuro (Alberto Urgu, Sardinews n. 11, novembre 2007)

Una formula che conferma la sua vitalità. La settima edizione della mostra del libro in Sardegna , svoltasi dal 24 al 28 ottobre a Macomer, lascia molte certezze e pochi dubbia ai suoi organizzatori, che possono valutare numeri positivi e in evidente crescita in ogni aspetto, dall’aumento dei visitatori alle copie di libri venduti (+30 per cento), dalla qualità dei dibattiti all’indubbio successo delle iniziative che hanno coinvolto le scuole. Uno sforzo organizzativo importante, che ha portato nel centro del Marghine 34 case editrici sarde, collocate in un rinnovato spazio espositivo, due emergenti editori nazionali come Fanucci e Minimum Fax e ospiti importanti come Enrico Franceschini, Bruno Arpaia, Carlo Serafini, Pierluigi Sacco, Fabio Stassi, Errico Buonanno, Giancarlo Biffi, Bepi Vigna. La collocazione nelle ex caserme Mura ha sicuramente giovato alla manifestazione, ormai consolidatasi come appuntamento centrale per i protagonisti dell’editoria sarda, ma che si sta guadagnando una visibilità ed una rinnovata curiosità anche dall’esterno.
“Il messaggio ormai è passato”, dice il presidente dell’Aes Mario Argiolas. “L’impianto della mostra di Macomer funziona. Il ruolo delle scuole, non spettatrici passive ma attive collaboratrici attraverso una lettura critica dei testi affrontati, la partecipazione della città ormai coinvolta pienamente nella manifestazione, il rapporto consolidato tra editori, biblioteche, librai. Tutto questo fa si che Macomer rappresenti una realtà originale all’interno delle attività culturali dedicate alla promozione della lettura in Sardegna”.
Un tema fondamentale, quello della promozione alla lettura, che durante la mostra di Macomer è stato affrontato a più livelli, puntando soprattutto sulla integrazione tra i vari attori della cosiddetta “filiera” del libro. Un confronto intenso tra bibliotecari, librai, editori, mondo della scuola, sfociato in una tavola rotonda in cui è emerso, pur tra qualche contrasto, la necessità di fare sistema, con un ritrovato appoggio da parte della Regione Sardegna, che con la recente delibera che assegna fondi alle biblioteche scolastiche per l’acquisto di libri sardi ha accolto un progetto partito proprio dagli editori isolani. Gli ultimi dati Istat su quanto si legga in Sardegna non sono confortanti, con un 57 per cento di non lettori, in linea con il resto del paese, nonostante il successo anche internazionale degli autori sardi e il costante aumento delle manifestazioni dedicate ai libri nella nostra Isola.
Soprattutto preoccupa la percentuale dei cosiddetti lettori deboli, lettori occasionali che non si riesce a conquistare definitivamente e che inesorabilmente scivolano verso la categoria dei non lettori. Numeri che probabilmente dovrebbero far riflettere anche sul tipo di politiche culturali portate avanti in questi anni, sulla reale capacità di incidere sulla promozione del libro in Sardegna. Senza interventi strutturali, è stato detto anche a Macomer, che accompagnino la cosiddetta animazione culturale, difficilmente si potranno raggiungere obiettivi importanti. Una politica vincente potrebbe essere quella che parte dalla Scuola, che investe sui più giovani che potranno diventare un giorno lettori.
“La scuola adotta un libro sardo” è un esperimento sicuramente riuscito, che è nato proprio alla mostra di Macomer alcuni anni fa e che nelle edizioni successive ha raccolto un continuo successo tra gli studenti. Un progetto originale, che ormai coinvolge numerosi istituti scolastici in tutta la Sardegna, oltre 500 ragazzi che scelgono un libro, lo leggono, svolgono una vera e propria analisi critica e ne portano i risultati a Macomer, a confronto con l’autore. Un progetto che permette ai ragazzi di esprimersi, premiandone la creatività, ma che da merito anche ai tanti insegnanti che lavorano con passione, svolgendo il compito di animatori culturali, specie nelle zone interne. I libri Emilio Lussu, Giorgio Todde, Antoni Arca, Giacomo Mameli, Enrico Pili, Alberto Capitta, sono diventati l’occasione per un confronto con gli autori, sui testi, spesso analizzati e assimilati con una sorprendente capacità critica.
Un successo crescente che ha costretto l’Aes a rifiutare alcune domande da parte degli istituti scolastici, per problemi di spazi e di tempi, ma che consiglia di insistere nell’esperimento.
I quattro giorni di Macomer rappresentano solo la vetrina di un lavoro che dura tutto l’anno e che da questa edizione potrà essere monitorato attraverso un blog, che rimarrà attiva nei mesi prossimi all’indirizzo www.mostralibro.blogspot.com . Uno strumento interattivo, in cui inserire le varie attività legate alla mostra, ma che è diventata una piazza virtuale dove discutere dei temi legati all’editoria e alla cultura in Sardegna e dove saranno pubblicati anche i lavori delle scuole.
Uno spazio aperto, anche ai suggerimenti esterni, per una mostra del libro che dura tutto l’anno, “in progress”, aperta verso il futuro, così come recitava il tema scelto per l’edizione del 2007.
Con l’auspicio che l’edizione 2008 raccolga i frutti del lavoro dei prossimi mesi e lasci ancora più spazio e potere ai lettori.

mercoledì 28 novembre 2007

Scrittori con tante scuole, presto i fumetti

(Bepi Vigna, Sardinews Nov. 2007)

Nel fitto calendario sardo di appuntamenti dedicati alla letteratura, la Mostra del Libro di Macomer è ormai, per tradizione, una delle manifestazioni più criticate. Ogni anno si sentono ripetere più o meno le stesse cose: è una fiera che non ha ancora trovato una sua fisionomia, è troppo concentrata sul libro sardo, è troppo provinciale, la comunicazione è poco curata, e via discorrendo.
Pochi riconoscono che una rassegna, di fatto ancora giovane (appena sette edizioni) qualche passo avanti lo ha comunque fatto, ma che soprattutto ha le carte in regola per crescere ancora. Si tratta, pur sempre, dell’unica vera occasione di confronto per gli editori e gli scrittori sardi, ed è l’unica rassegna del settore dove il coinvolgimento delle scuole avviene in misura importante.
Sono proprio questi gli aspetti sui quali puntare, quelli che possono dare un’anima alla Mostra. L’accusa di troppa sardità si può condividere solo in parte. Non è sbagliato di per sé pensare a una vetrina della produzione culturale isolana, l’importante è che vetrina lo sia realmente, ovvero che non sia una manifestazione rivolta soltanto al pubblico locale, ma che guardi lontano, che costituisca una reale occasione di confronto con quanto accade fuori dai confini dell’isola.
Il problema vero, semmai, e decidere quale strada scegliere per rendere possibile questo confronto. Si deve puntare sulla mondanità, coinvolgendo magari gli autori “di grido” (che il più delle volte sono solo volti televisivi) e puntando sulla curiosità del pubblico di vedere da vicino le “persone famose”? Questa strada, che è quella su cui ultimamente si muovono molti operatori culturali, non porta da nessuna parte e tradisce un reale atteggiamento provinciale.
Non bisogna confondere i nani e le ballerine con la letteratura. Nani e ballerine magari possono
tornare utili all’interno dei percorsi della comunicazione (che vanno curati e migliorati), ma si devono fermare lì, tenuti ben distinti dagli altri aspetti di una rassegna che deve avere natura di appuntamento culturale.
Può essere importante, invece, riconsiderare la centralità geografica di Macomer e della Sardegna per farne un luogo privilegiato di confronto per la produzione letteraria che arriva da ogni sponda del Mediterraneo. Aprire corsie preferenziali per la cultura dei Paesi del Nord-Africa e del Medio Oriente, creare un momento di incontro tra culture considerate a torto marginali, può essere l’autentica chiave vincente della Mostra del Libro. La letteratura è conoscenza e quindi apertura, capacità di accogliere il nuovo e il diverso, e proprio in questi aspetti la
Sardegna vanta un preciso retaggio culturale, non solo perché sempre l’isola è stata crocevia di navigatori e viaggiatori, ma anche per il carattere tradizionalmente ospitale che ha sempre contraddistinto la sua gente.
Non bisogna scordare che il Mediterraneo si appresta a diventare una delle “zona di libero scambio” più grandi del pianeta, comprendente 600-800 milioni di persone, tra Paesi membri dell’Unione Europea e quelli della sponda sud. Siamo quindi alla vigilia di un passaggio epocale, che comporterà un confronto sempre maggiore sui temi della cultura e che rappresenta una imperdibile occasione di crescita culturale. Per quanto riguarda la partecipazione dei giovani e la collaborazione delle scuole, Macomer costituisce già di per sé un esempio importante. Quest’anno, i laboratori organizzati dal Centro Internazionale del Fumetto di Cagliari, hanno
riscontrato un numero di presenze altissimo e imprevisto. L’unico rammarico è che, per oggettive difficoltà logistiche, il decentramento delle attività nella casa Attene, ha tenuto separate l’illustrazione e la narrazione per immagini dal resto della fiera, ma è un problema a cui si potrà rimediare. Anzi, c’è allo studio da tempo l’idea di associare alla Mostra del Libro un concorso per illustratori, nel solco di una tradizione che ha sempre visto la Sardegna in prima fila nell’ambito della grafica applicata. Sarebbe un buon segnale se fosse proprio Macomer a ricordare con
un appuntamento prestigioso, che nella nostra isola esiste una grande scuola di illustratori, negli anni Trenta è stata all’avanguardia in Europa. Il concorso si potrebbe intitolare al macomerese Ennio Zedda, un artista ormai quasi dimenticato, che pure è stato uno tra i più innovativi e moderni del suo tempo.
Tra gli anni Venti e Trenta disegnava per la La Tribuna Illustrata e Il Balilla e nei suoi lavori vi era sempre una particolare attenzione agli accostamenti cromatici, con intarsi vivacissimi che risentivano della lezione futurista, recepita nell’accurata composizione delle tavole e nella dinamicità al racconto, che raggiungeva risultati quasi cinematografici. Non a caso fu anche uno dei pioniere del cinema d’animazione, partecipando al progetto di un lungometraggio su Pinocchio, rimasto poi incompiuto.

lunedì 26 novembre 2007

Localismo o conformismo?

Le critiche alla Mostra del Libro di Macomer (mosse dall'organizzatrice del Festival della Filosofia di Modena, Michelina Borsari) dopo aver sollevato un dibattito su questo blog, hanno indotto a interessarsi dell evento anche Il Sardegna, l'unica testata a diffusione regionale ad aver completamente - o quasi, visto che si è limitato ad una breve presentazione- ignorato la mostra stessa.
In un'intervista all'Unione la Borsari aveva investito la Mostra di Macomer di alcune critiche che ruotavano tutte, più o meno, intorno ad una generica "accusa" di localismo, apparsa, a me come a molti, il risultato di un fraintedimento nei confronti della filosofia espositiva della Mostra, se non addiritura di una superficialità di sguardo nei confronti della cultura e della società sarde.
Tali critiche vengono quindi riprese su Il Sardegna da un intervento di Luciano Gallinari, il quale rilancia le accuse di localismo sostenendo l'esistenza di una limitante paura di confrontarsi radicata nella cultura sarda.
Questa opinione appare ancora una volta invischiata nel complesso di inferiorità che talvolta conduce gli stessi sardi a liquidare come localismo l'orientamento, proprio di una parte del movimento culturale isolano e a mio avviso del tutto sano e genuino, a coltivare l'identità specifica.
Questo movimento culturale, in effetti, piuttosto che dimostrare disperatamente le proprie doti di omologazione, prende atto che questa identità esiste ed è degna di cura.
Mi viene in mente, per spiegarmi, una metafora gastronomica: tempo fa una nota giornalista del Corriere ha decantato le virtù della "frue" (latte cagliato) del Supramonte dorgalese; lo avrà fatto pensando alla bellezza (e alla bontà, nella fattispecie) del "diverso" gastronomico, oppure pensando a quanto la frue assomiglia a quello yogurt che fa l'amore con il sapore? E' evidente che il valore aggiunto risiede nella frue e nel fare umano che la origina, e che la sua irreperibilità nei banconi dell'Esselunga, lungi dall'essere un difetto, è la dimostrazione dell'esistenza di due paradigmi incommensurabili: quello locale del cibo identitario - che sopravvive spontaneamente - e quello globale dell'industria alimentare. Gallinari, rispetto alla Borsari, propone un'accusa
rinforzata, poiché parla di "difesa ad oltranza della propria cultura isolana" il cui pessimo esito sarebbe di perseverare nella mancanza di confronto con gli altri, ritenuta addirittura un limite
"storico" dei sardi ("solita, immarcescibile paura di un confronto con gli altri"). Eppure la condizione di ogni dialogo è la diversità. L'eguale non dialoga, caso mai produce inutili
tautologie. Forse il lato oscuro non risiede nel presunto timore storico dei sardi nei confronti del dialogo, facilmente confutabile da qualunque conoscitore della cultura isolana, quanto nel timore,
metastorico e privo di patria, per il diverso, l'altro, l'irriducibule al sistema. Su tutto questo forse vale la pena di continuare a discutere.

Gianfranco Meloni

venerdì 23 novembre 2007

Se la Regione del 2007 ascolta Antonio Gramsci (Giacomo Mameli, Sardinews, nov. 2007)

Proviamo a commettere un reato a mezzo stampa e vedere la bottiglia sarda mezzo piena anche perché – soprattutto ai piedi della Torre dell’Elefante e nei bastioni del Terrapieno di Cagliari – non costituisce più notizia dipingere una Sardegna in eterno affanno. Alcuni giornali cementati dal mattone anziché dalla completezza dell’informazione credono che repetita semper iuvant. Non sanno che aliquando scocciant. Piove? Regione ladra. Prove di reato, allora. In questa bottiglia delle metafore potrebbe campeggiare un risultato economico di tutto rispetto, ignoto a chi abita tra Stintino e San Giovanni Suergiu: dopo la sacrosanta vertenza-entrate con lo Stato, le risorse disponibili in viale Trento e dintorni in quattro anni sono cresciute di un miliardo e 400 milioni di euro, la percentuale è pari al 40 per cento. Eliseo Secci, nuovo assessore alla Programmazione, porta a casa un raccolto in un terreno concimato a lungo dai suoi predecessori e anche dalle strategia che lo stesso Secci, da presidente della commissione bilancio, aveva per anni sostenuto, anche in collaborazione con la ribelle opposizione dello scomposto centrodestra sardo. Nella stessa bottiglia potremmo mettere la vertenza sulle servitù militari che altro non hanno rappresentato che la faccia della Sardegna che difende la sua dignità istituzionale, senza sottomissioni a stellette e carri armati. C’è chi esalta l’impegno della Giunta regionale nella lotta contro la cementificazione delle coste. Ma qui gli osanna sono più Oltretirreno, nei più autorevoli quotidiani del mondo, nei servizi della Bbc. Ultimo in ordine di tempo Al-Arham che invita gli arabi a visitare “una delle ultime oasi naturalistiche del mondo, tra spiagge e silenzi stupefacenti”. E l’elenco potrebbe essere più consistente.

Ma c’è un dato che in Sardegna emerge comunque: ed è l’investimento che la Regione sta conducendo in cultura da quando in viale Trento è sbarcato l’antipolitico e l’anticomunicativo Renato Soru. Il programma Master and Back (54 milioni di euro nuragici contro i 51 che l’Italia spende in tutto il resto del Paese) sta consentendo a oltre ottocento giovani di confrontarsi col mondo, di uscire dalle cappe della spocchiosa autoreferenzialità di chi insegna negli atenei sardi, di capire che cosa vuol dire ricerca scientifica e libertà di azione di un ricercatore. Sono traguardi che in parte venivano indicati anche prima della stagione-Soru, ma si finanziava il viaggio di andata. Ora si pensa al back, al ritorno. Non si sa come andrà a finire. Ma non è una cosa di poco conto. È una rivoluzione che val bene una legislatura regionale.

In questi ultimi mesi c’è stato però un crescendo di iniziative che hanno proiettato la Sardegna sulle pagine dei più accreditati quotidiani nazionali (e questa volta in buona compagnia dei due quotidiani L’Unione Sarda e La Nuova Sardegna).
Ha iniziato, come sempre, il festival di Gavoi che ha calamitato nell’Isola il meglio della critica letteraria nazionale e il top degli scrittori contemporanei. Subito dopo è stata la volta di Seneghe col festival della poesia. E Dio sa quanto ci sia bisogno di quella libertà di spirito che solo la poesia sa diffondere.

C’è stata, per la settima volta consecutiva, la Fiera del libro di Macomer. Questa volta il dato illuminante e luminoso è stata la partecipazione delle scuola, dalle elementari alle superiori. Con centinaia di alunni che si sono confrontati su testi letterari nazionali e isolani. Ed è emersa una scuola sarda vivace, attenta a quanto avviene nel mondo. La formula “la scuola sarda adotta un libro” è stata vincente, l’idea della Regione e dell’Associazione degli editori sardi Aes va sostenuta ulteriormente.

Dopo Macomer, negli stessi giorni, il quarto Forum “Passaparola” alla manifattura Tabacchi di Cagliari. Col fior fiore degli editori nazionali, dei critici. E anche qui le scuole in primo piano. E hanno capito che un’idea vincente a Londra può esserlo anche a Cagliari e dintorni.

Questa è una Sardegna che ha cambiato pelle. È una Sardegna che – fra mille sacrosante proteste, fra scioperi e rabbia dai campi alle fabbriche – vuol modernizzare l’agenda della politica sarda consociativa e inconcludente. Sembra di vedere una Sardegna che finalmente crede nella cultura: Quella che con “istruitevi, istruitevi, istruitevi” invocava Antonio Gramsci.

domenica 18 novembre 2007

Il valore della promozione della lettura (Sandro Ghiani, 18 novembre 2007)

Ho partecipato alla Tavola rotonda "Ultime notizie dal mondo del libro. Il futuro del libro e la promozione della lettura. Da Gutemberg a Internet" che si è svolta Sabato 27 ottobre 2007 nell’ambito della Fiera del libro di Macomer. Sia sui contenuti della tavola rotonda sia sul mio intervento hanno riferito i giornali sardi e si potrebbe anche non tornare, ma il valore della fiera, oltre al successo commerciale per le buone vendite e a quello delle nuove formule di promozione di cui non si può che essere contenti, sta anche nelle proficue occasioni di incontro tra operatori diversi che si confrontano davanti a un pubblico attento e nelle riflessioni successive a cui questi incontri inducono. Tutti siamo consapevoli della necessità di creare sinergie e di trovare momenti per lavorare insieme, editori, librai, autori, bibliotecari, insegnanti e lettori e la Fiera sicuramente è stata quest’anno uno di questi momenti e certamente ancora di più lo sarà in futuro.
Mi soffermo un attimo sulle iniziative di I, sulle tecniche e sugli effetti. Nelle biblioteche pubbliche, che hanno come compito esplicito quello di promuovere la lettura, è da molti anni che si sono sperimentate diverse formule prima fra tutte gli incontri con gli autori spesso organizzate in forma di rassegna, ma anche incontri di lettura, letture animate, mostre di libri, una miriade di iniziative per i più piccoli nell’ambito del progetto nazionale “Nati per leggere” e altre iniziative, spesso in collaborazione con le scuole. In tempi più recenti si sta affermando l’idea di proporre letture ad alta voce in tutte le occasioni di incontro che le biblioteche organizzano a partire dalle visite guidate con le scuole fino ai convegni sui più disparati argomenti. Altra cosa che sta prendendo piede e quella di affiancare alle attività culturali di promozione la possibilità di vendita dei libri in collaborazione con i librai. Se non siamo ancora all’unione stabile di biblioteche e librerie all’interno dello stesso spazio come a Sala Borsa di Bologna possiamo almeno favorire l’incontro delle diverse forme di accesso al libro in occasione degli eventi che organizziamo. Ciò che propongo è che si lavori insieme in alcune “grandi” occasioni e in molte “piccole” occasioni. Come grandi occasioni penso alla Fiera di Macomer, al Festival di Gavoi, al Festival della letteratura per ragazzi di Cagliari, al Forum dei Presidi del libro, magari con un minimo di coordinamento da parte della Regione che finanzia tutti, per concordare almeno le date e consentire una maggiore partecipazione. E come piccole occasioni penso alla miriade di iniziative locali nei singoli comuni o nei quartieri dove e più facile che librerie e biblioteche, autori, editori e lettori si incontrino agli stessi tavoli e dove spesso più che i finanziamenti contano la buona volontà e la convinzione che trasmettere l’amore per la lettura e per i libri alle nuove generazioni è un grande investimento a lungo termine.
Se dovessi sintetizzare in poche parole un aspetto positivo nel modo di promuovere il libro per ciascuna categoria degli appartenenti alla filiera del libro direi:
Lo scrittore: quando scrive perché ha qualcosa da dire.
L’editore: quando pubblica i libri perché valgono e non solo perché si vendono.
Il libraio: quando mi trova il libro che sto cercando e non cerca di vendermi quelli che gli avanzano.
Il bibliotecario: quando scopro che il libro in più che mi propone non è in più.
L’insegnante: quando fa la fatica di insegnare a leggere senza fatica.

Sandro Ghiani
(Presidente Associazione Italiana Biblioteche – Sezione Sardegna)

lunedì 12 novembre 2007

Il piacere della lettura (Davide Saul Leoni, II A, Istituto Superiore ITI Tortoli)

Sin dai tempi più antichi la scrittura è sempre stata un modo per distinguere gli uomini dagli animali. Possiamo ricordare grandi scrittori come Dante, Boccaccio e Manzoni che hanno fatto della scrittura la loro vita, donandoci opere di inestimabile valore culturale. Grandi uomini politici ci hanno lasciato il proprio pensiero e le proprie imprese, che tutti noi oggi possiamo consultare e giudicare.
Era cosi fino a pochi anni fa… Infatti negli ultimi decenni il livello culturale è talmente calato che ormai i racconti e le imprese di grandi personaggi non hanno alcun valore. Secondo me la lettura è un modo per ampliare le nostre conoscenze, sia linguistiche che culturali, che ormai stanno andando, via via, nel dimenticatoio di qualunque ragazzo (con qualche rara eccezione). Non dico questo per fare il lecchino con i professori, come qualcuno avrà sicuramente pensato, ma perché è una questione che ritengo sia penalizzante nei confronti di chi vuole imparare. Anch’io sin da piccolo odiavo leggere, ma crescendo ho capito che la lettura era un modo per riuscire a confrontasi seriamente con le altre persone, perciò ho cominciato a informarmi e cercare libri che soddisfassero i miei bisogni. I miei argomenti preferiti riguardano la storia moderna, il Medioevo: per la prima possiamo dire che mi piace molto seguire le questioni che hanno portato a determinati fatti e avvenimenti; per esempio negli ultimi anni ho letto vari libri riguardanti i disastri dei politici e, soprattutto, della politica italiana. Ho seguito specialmente la vicenda Berlusconi, la sua ascesa al potere in parlamento, i casi di corruzione e favoreggiamenti, il processo SME e tanto altro ancora. Mi interessano questi argomenti, perchè ormai l’informazione in Italia non è più libera e perciò le notizie che riceviamo dalle tv e dai giornali nazionali sono per metà balle, possiamo dire che preferisco fare da me. Riguardo al medioevo invece, posso dire che leggo racconti dell’epoca perché il modo di vita del medioevo mi affascina sin da quando ero ragazzino. Leggo soprattutto racconti riguardanti grandi imprese, come la caduta dell’impero romano da parte dei popoli barbari, storie del regno di Carlo Magno e racconti dei popoli arabi.
A scuola mi ha rallegrato la notizia che avremo iniziato un percorso didattico riguardante la lettura di libri di argomenti molto importanti come la discriminazione sulle donne, in particolare la figura della donna nella cultura islamica, perché mi aiuta ad ampliare un argomento già discusso negli anni passati alle medie. Il libro che io ho letto in particolare, “Nelle mani di mio marito”, racconta di una donna, che grazie al suo coraggio, è riuscita a scappare dalla dura e crudele realtà della vita islamica.
Degli altri libri letti a scuola, cito in particolare “Il Giovane Holden” di Salinger, perché mi ha emozionato lo svolgimento della vicenda che mi impediva di distogliermi dal leggerlo, non tanto per finirlo il prima possibile, ma per la curiosità di sapere come sarebbero andate a finire le avventure del protagonista.
Questo nuovo anno scolastico, invece, si è aperto con una proposta diversa dal solito: partecipare al “Salone del Libro di Macomer”, presentando un libro a nostra scelta, che avremmo dovuto presentare agli alunni di altre scuole di altri paesi. Avendo a disposizione diversi titoli, la nostra scelta è ricaduta sul libro dell’autore foghesino Giacomo Mameli “La ghianda è una ciliegia” che racconta la vita di diverse persone di Perdasdefogu, e perciò, abbiamo pensato di presentarlo in lingua sarda. A me è capitato il capitolo riguardante un ragazzo, che di nome faceva Pietro, che ci ha raccontato come ha passato gli anni della Seconda Guerra Mondiale lontano dal suo paese. Ci siamo preparati minuziosamente e arrivati a Macomer, abbiamo assistito alla presentazione del libro di Antoni Arca “I Racconti Di Nino”, riguardante la vita di Antonio Gramsci. Arrivato il nostro turno per fortuna l’emozione non ci ha prevalso, e siamo riusciti così a presentare il libro in maniera corretta e comprensiva. Dopo di ciò Giacomo Mameli ci ha fatto i complimenti su lavoro svolto e ha ancor più arrichito la presentazione, leggendoci in lingua sarda il capitolo che preferiva di più. Alla fine ci siamo fatti un giro per i padiglioni, dove abbiamo visto altri libri delle case editrici sarde. Potevamo fare degli acquisti ma che, ahimé, anzi ahi noi, in pochi lo hanno fatto. Giacomo Mameli ci ha fatto il piacere di venire con noi a pranzo, dove ho potuto scambiare qualche battuta con lui, anche perché Perdasdefogu è vicino al mio paese natale, Orroli, e i problemi nei piccoli paesi sono quasi sempre uguali. L’esperienza fatta è indescrivibile. Speriamo che la professoressa Mastio ci faccia un pensierino e ci porti anche a Torino… Beh che dire, per il futuro spero che non mi stanchi della lettura … E penso proprio che non accadrà mai.
Leoni Davide Saul
Classe II A
Istituto Superiore I.T.I. Tortoli
Insegnante: Francesca Mastio

domenica 11 novembre 2007

Far leggere? E' un'impresa (L'Unione Sarda, 11 novembre 2007)

Sono un cagliaritano che di mestiere fa, oltre che l'insegnante, l'editore. Sono reduce dalla due giorni del Forum Passaparola. Mi associo ai complimenti che il presidente della Regione Renato Soru ha ricevuto da più parti per aver ospitato una così importante manifestazione. Ho ascoltato, e condiviso in molti punti, il suo intervento alla tavola rotonda conclusiva. Ma non ho potuto fare a meno di rilevare che l'unico suo cenno alla presenza in Sardegna di "un'industria editoriale" è stato per ricordare l'episodio della distribuzione gratuita dei libri sardi "ammassati" nei magazzini della Regione. Neanche un cenno al lavoro continuo e faticoso che i piccoli e medi editori svolgono da anni, non solo con la scoperta di nuovi autori e nuovi temi, ma anche con decine e decine di presentazioni di libri e altre iniziative sul territorio, creando un dibattito in luoghi dove di libri si parla molto poco; con il lavoro nelle scuole, in sinergia con le librerie e i caffè letterari che da qualche anno, grazie agli autori e agli editori sardi, vivacizzano e articolano la loro attività.
Il sostegno della Regione è per noi fondamentale, ieri come oggi, e sono d'accordo (come l'Associazione degli editori sardi ha già avuto modo, reiteratamente, di dichiarare) con scelte che ci consentano di superare ogni residuo di assistenzialismo: questo è possibile se non viene a mancare la fiducia delle Istituzioni verso il nostro lavoro di editori e, conseguentemente, il dialogo imprescindibile per la promozione di quei "comuni interessi" che convergono nella incentivazione della lettura.
Non si può dimenticare che accanto ai grandi Festival con ospiti nazionali e internazionali, esiste una Fiera del Libro che da sette anni a Macomer rappresenta un momento di confronto fra tutti coloro che operano in questo settore. Oltre cinquecento ragazzi di scuole provenienti da tutta la Sardegna sono stati coinvolti nel progetto "La scuola adotta un libro sardo", un progetto che la dottoressa Borsari, direttore scientifico del Festival Filosofia di Modena, ha definito «formidabile». Un progetto nuovo ed originale nato in Sardegna, a Macomer. Dalla Regione mi aspetto che l'editoria sarda, un settore imprenditoriale in buona misura sano, serio e competente, sia incentivata con giusti interventi strutturali (innanzitutto una nuova legge per l'editoria, corsi di formazione per tutti i componenti della filiera del libro, una efficace distribuzione dentro e fuori la Sardegna, la creazione di luoghi e occasioni di lettura, una strategia più attenta, mirata e flessibile nella partecipazione alle fiere ed altro ancora). Non basta "non ostacolare" processi virtuosi: occorre semmai farsi carico delle proprie responsabilità, nell'ottica di una democrazia partecipata, in questo momento felice che forse ci consentirà di uscire dall'imbarazzante ritardo culturale della nostra isola.
Giuseppe Mocci (Aipsa edizioni, Cagliari)
L'Unione Sarda, 11 novembre 2007 (pagina 17)

lunedì 5 novembre 2007

Studenti e autori (Macomer, Mostra libro 2007)


La scuola adotta un libro: gli studenti del Liceo classico Siotto di Cagliari e dell'ITI di Tortolì incontrano Giacomo Mameli (Macomer, 25 ottobre 2007) Foto: Corrado Conca.

Spazio ragazzi (Macomer, Mostra libro 2007)

burattini macomer

Foto: Corrado Conca, Macomer, 25 ottobre 2007

Ma forse la terza pagina non è da buttare. Apriamo la discussione.

Nei giorni scorsi Cagliari ha ospitato la IV^ Edizione del Forum Nazionale del Libro, dove, tra le altre cose, si è discusso il tema della funzione culturale dei quotidiani. In modo particolare, in un dibattito tra il giornalista del Corriere, Matteo Collura, l'organizzatore del festival di Mantova, Luca Nicolini e lo scrittore Marcello Fois, si è arrivati, ragionando su contenuti e contenitori culturali, a discutere del ruolo ricoperto dalle così dette "terze pagine" dei quotidiani, giungendo ad un giudizio finale piuttosto negativo.
Prendendo le mosse dall'esperienza compiuta a Macomer nelle giornate della Mostra, mi sento di intervenire virtualmente in quel dibattito di Cagliari e di rilanciarlo in questo blog aperto a tutti, cominciando con una rappresentazione della terza pagina assai meno crepuscolare di quella emersa a Cagliari.
Le mie considerazioni si fondano su una osservazione pragmatica. I quotidiani, pur tra mille peccati loro imputabili, continuano ad essere, se non altro per il numero di lettori che coinvolgono, il baricentro della divulgazione culturale ed un punto di riferimento per il cittadino-lettore.
Se la redazione di questo blog non avesse tacitamente condiviso questa convinzione, non si sarebbe impegnata ad offrire il massimo repertorio possibile di rassegna stampa tematica sulla mostra.
La presenza di un giornalista ad un evento culturale, contrariamente alle idee radicali di una presunta autosufficenza mediatica dell'evento (Borsari), è la garanzia che l'effetto che questo evento intende provocare abbia una risonanza il più ampia possibile.
Da questo punto di vista è risultata estrememente apprezzabile la decisione di una delle massime testate regionali, l'Unione, di presidiare continuamente la Mostra con un inviato speciale, piccola prova ne sia la circostanza che molti dei dibattiti nati su questo blog sono stati originati proprio dalla terza pagina di quel giornale.
Leggermente meno "militante", ma comunque presente, è apparso l'impegno della Nuova mentre il ruolo della terza testata è stato del tutto coerente con la teoria del "rompete le righe culturali" espressa a Cagliari: appena un articolo.
Sarebbe interessante, anche tenendo conto della natura democratica e partecipativa che il blog possiede in quanto tale, se una valutazione sull'opportunità dell'impegno culturale dei giornali provenisse dai lettori degli stessi e non solo dagli intellettuali, talvolta mossi da intenti narcisisticamente provocatori o da un irrefrenabile impulso a "dire qualcosa di nuovo".
Gianfranco Meloni


Il convegno boccia le rubriche culturali dei quotidiani italiani
A pensarci bene, questa pagina è inutile

Se non era un de profundis ci mancava poco. Ieri al forum Passaparola le pagine culturali dei giornali italiani sono state al centro di un dibattito poco ottimistico tra il giornalista del Corsera Matteo Collura, l'organizzatore del festival di Mantova Luca Nicolini e lo scrittore Marcello Fois. In realtà i tre hanno discusso - con il moderatore Mario Baudino - più in genere di contenuti e contenitori culturali, a cominciare dai festival per continuare appunto con la “terza pagina” dei nostri quotidiani. Se le kermesse culturali sono state criticate ma nel complesso promosse (non saranno la soluzione di tutti i mali e difficilmente conquistano lettori nuovi, ma comunque sono occasioni preziose) per gli spazi giornalistici dedicati alla cultura la bocciatura è stata abbastanza secca.
Innanzitutto per via della dittatura grafica denunciata da Collura: «Se lo schema della pagina prevede un articolo “di spalla” di una certa lunghezza, io sono costretto a dare quello stesso rilievo oggi a una notizia su Manzoni e domani a un autore infinitamente meno importante». Quanto alle recensioni, potremmo abolirle direttamente: come ha spiegato Fois sono articoli «che interessano soltanto agli autori recensiti, che onanisticamente fanno a gara con i loro colleghi: tu hai avuto dieci recensioni? Io venti, tiè!».
Unione Sarda 4 novembre 2007

Alla mostra del libro di Macomer non c’ero ma avrei voluto esserci (Rosaria Piga, Kioto, 5 nov. 2007)

Alla mostra del libro di Macomer non c’ero ma avrei voluto esserci. Non posso esprimere opinioni personali sul "come sia stata", ma sicuramente non era da perdere. Il futuro, ciò che era fantascienza ed oggi è scienza, non mi ci è voluto molto per appurarlo, approdando in Giappone, per me tutto era fantascienza ed oggi è diventata scienza, la mia scienza insieme a loro e grazie a loro. Ma la fantascienza non è solo il Giappone. Ogni volta che approdo in un altro Paese per una breve e semplice collaborazione e/o congresso, mi accorgo che ogni Paese ha sempre qualcosa di nuovo da offrire, qualcosa che ai miei occhi è fantascienza e che per loro invece è scienza, è questo il bello di questo lavoro, realizzare che c’è sempre qualcuno che ne sa più di te e dal quale attingere, appurare che tu puoi essere fantascienza per altri e quindi arrivare allo scambio reciproco. Riuscire esattamente a distinguere, fra i diversi tipi di radicali liberi estremamente reattivi, con quali fra loro abbiamo a che fare all’interno di una cellula come conseguenza di un determinato stress, credevo fosse fantascienza ed invece oggi è cosa normale, è diventato scienza. Riuscire a distinguere, con un semplice segnale ottico su una cellula che rimane vivente e per niente disturbata dallo strumento, se questa cellula si sta riproducendo, sta emettendo dei filamenti o sta morendo, oggi è diventato scienza, una scienza che tra l’altro sta prendendo prepotentemente piede in campo biofisico. Il segreto è la comunicazione, la rete di connessioni interdisciplinari fra i vari continenti, paesi, nazioni, regioni. Il loro lavoro in questo senso lo fanno anche i blog, nati se vogliamo come una semplice necessità di esprimersi a livello personale, per poi ampliarsi in veri e propri forum di discussione anche scientifica ed in generale professionale. Personalmente ho attraversato diversi stati d’animo nei confronti dei blog. Appena partita, come unico ed utilissimo mezzo per sentirmi pur sempre coinvolta nella vita del mio Paese, per poi passare ad un’intolleranza che mi ha tenuta lontana da essi per un po’ di tempo quando i blog venivano trasformati, da alcuni, in strumenti di critica gratuita invece che di consiglio ed aiuto reciproco, per poi riavvicinarmi a quelli che ho trovato costruttivi da diversi punti di vista, professionale, personale, sociale, un modo per non perdere i contatti con il mondo da cui provengo, certo, ma anche di condividere le mie passioni, sia personali che professionali, sentendo le opinioni altrui. Ma a prescindere dal fatto che vengano usati o meno, non c’è dubbio che la loro esistenza, fosse anche solo per essere letti, rappresentano una incommensurabile fonte di collegamento con quello che è il mondo circostante, questa è la vera fantascienza, la rete. Penso al fatto che solo tredici anni fa comunicavo con un’amica emigrata in Svezia, mediante lettere scritte a mano che ci giungevano con notizie vecchie di 2 settimane, che quando lei mi parlò di lettere via telefonica spedite e ricevute in tempo reale, non capivo minimamente a cosa si fosse riferendo. E per una che vive a 9000 km di distanza dalla sua terra, questa fantascienza che oggi è scienza è stata veramente fondamentale per farmi sentire sempre a casa dovunque io sia.
Rosaria Piga, Kyoto, Giappone (5 novembre 2007)

sabato 3 novembre 2007

Bellissima esperienza (Franco Meloni, 3 nov. 2007)

Dallo Speculum il Re potè ammirare dall’alto tutta la Biblioteca. Provò un senso di smarrimento e la fece interdire.

Macomer, Ottobre 2007.
La giornata è bella e sono contento. Frequentare libri è piacevolissimo sempre, ancora di più se lo si fa in una festa dove si può parlare con altri che condividono i tuoi interessi. Gli spazi, alla fine del Paese, sono ordinati e ariosi, pronti ad accogliere piante e a mostrare un uso proprio di locali che prima ospitavano armi. In una bella sala congressi fa piacere vedere opere di Nivola provenienti dal Man, affascinante punto di riferimento di Arte nel centro della Barbagia. Trenini Dysneiani trasportano ragazzini vocianti. Un po’ Lucignoli e un po’ Pinocchi. Maestre stravolte radunano bambini che vogliono andare in bagno, avere acqua, mangiare cose ricche di calorie in eccesso. Ma tutti, prima o poi, toccano i libri. Lontano da ipod o da diavolerie tascabili che di utile sviluppano solo la prontezza delle dita in inseguimenti da formula 1 e che rimandano sempre alla dipendenza dalla Scatola Magica che introduce all’eterno Irreality Show di ogni giorno. Notizie predigerite che non si curano neppure di fare distinzione di lettere finali, N o Q, di una terra, un tempo vitale tra due fiumi, che ha segnato, con la ricerca di conoscenza di Abramo, l’inizio della nostra crescita. Tutto è iniziato con l’abbandonare il proprio paese, in modo nomade, alla ricerca di altre prospettive per meglio inquadrare se stessi. Naturalmente la parola nomade va usata con cura: va bene Bregovich se suona, a patto che non venga a fare confusione con la sua banda e con la sua certo numerosa e sicuramente non pulitissima famiglia. Immagini Contessa, vogliono i loro figli dottori.
Macomer ha l’aria leggera, la temperatura è molto più piacevole di 451 Fahreneit.
Libri al rogo per produrre fiamme che scaldino la mente e convincersi, tutti insieme, che è giusto mandare su per il camino quelli fuori dagli schemi, quelli che, in un modo o nell’altro, sembrano non rientrare nella riorganizzazione algida e purissima della specie. I Rom, per esempio.
La cultura deve immunizzarci da false credenze e ragionamenti dove i sillogismi dimostrano che è giusto nascondere o eliminare libri.
Noi sardi dovremmo essere abituati a facili catalogazioni. Con cadenza annuale, flaccidi rampolli di famiglie ricordate per l’unità di Italia o per Bava Beccaris, tra una fucilata e l’altra, sostengono che i sardi puzzano come capre. Piccoli giudici, molto lontani da Berlino, ridimensionano la gravità di uno stupro se fatto da inferiori, cioè da noi. Molti, con o senza calze autoreggenti, ci spiegano quanto sbagliamo nel mantenere una Giunta che si occupa di formazione, ricerca e cultura, e magari lo fa con orgoglio. I sardi devono essere tenuti a balia per continuare ad offrire spiagge e a far sognare nell’aprire bottiglie di mirto, amori lontani. Poi tutti al loro posto fino alla riapertura del Parco dei Divertimenti, e che tutto sia pulito, magari con un ascensore per Cala Luna. Chissà cosa avrebbe detto Emilio Lussu.
Un padiglione bianco, un misto di ospedale da campo e di banchetto per raccogliere fondi o firme, mi attrae per la discussione nello Spazio Autori. Vado a vedere che aspetto hanno inviati speciali di Repubblica, Teatranti e saggi dai capelli filosoficamente bianchi. Con diverse visioni della memoria stanno commentando il tragico periodo del 77. P38, eroina, brigate rosse, scemo, scemo. Oggetto Luciano Lama. C’è da leccarsi le ferite per anni. Mi sento un po’ a disagio perché gli Autori hanno cinquanta anni e io, invece mi sono laureato nel periodo del ridente e immaginario 68. Sono enormemente più vecchio, e sono d’accordo solo con Biffi nel difendere la decisione, completamente irrazionale, e quindi umana, di mantenere la speranza. Magari confortandola con l’impegno di ogni giorno. Altrimenti per mio nipote sarà dura.
Scienza e fantascienza è l’argomento sul quale dovrei intervenire. Non è chiaro se per l’una o per l’altra. Toccare la fantascienza è un po’ come parlare di fumetti. Warning, pericolo di essere annoverati tra gli indegni della cultura, figuriamoci della Fisica. La letteratura ha prodotto cose altissime nella cosiddetta fantascienza. Alice ci ricorda che è ancora facile, qui ed ora, avere la testa mozzata se si toccano le staminali o si cercano vergognose parentele con pelosi scimmioni. E gli scenziati non ci aiutano a dipanare l’ignoranza se Watson, che dio lo perdoni, sostiene, e la gente lo sente e magari crede che un Nobel sappia tutto, che Mandela è più ignorante di Calderoli.
Le tre Leggi della Robotica sono un bell’esercizio di intelligenza e Blade Runner ci mette il dubbio sul nostro essere umani, o magari non del tutto.
E poi basterebbe citare un altro numero: 1984 per meditare sulla manipolazione della storia.
La cena con gli Autori è interessantissima, soprattutto se devo leggere un raccontino di una supervegetariana avendo a tavola il sanguinaccio cotto alla moda del Marghine.
Bellissima esperienza. L’anno venturo leggeremo insieme un altro capitolo a Macomer.

Franco Meloni (fisico)

Microcosmo autosufficiente. Amalia Maria Amendola (Roma, 3 novembre 2007)

Sono contenta di come sia andata la presentazione del mio saggio L’isola che sorprende. La narrativa sarda in italiano (1974-2006), perché ha permesso che alla Fiera di Macomer prendessero parte al dibattito sulla letteratura sarda anche persone esterne – me compresa – al ristretto ambiente culturale isolano, troppo spesso autoreferenziale. E in fondo è proprio questo messaggio di apertura che il mio saggio vuole lanciare, dimostrando che il mondo accademico nazionale, Walter Pedullà in primis, si è interessato alla produzione letteraria isolana, in un momento sicuramente molto favorevole agli autori sardi che, da Salvatore Niffoi a Milena Agus, hanno riscosso un notevole successo, tanto in Italia quanto all’estero. Un’ulteriore conferma di questo bisogno per la Sardegna di sprovincializzarsi è venuto dalle critiche mosse dall’editore romano Daniele di Gennaro (Minimum Fax), che ha preso parte alla tavola rotonda I presidi del libro della Sardegna, inaugurati negli stessi giorni a Macomer: «Fuori dalla Sardegna gli autori sardi si leggono non in quanto sardi, ma perché, molto più semplicemente, sanno scrivere belle storie». Spero vivamente che questo dibattito iniziato a Macomer possa essere portato al di fuori della Sardegna, e magari proseguire alla Fiera della piccola e media editoria di Roma.
Per quanto mi riguarda, sicuramente questa esperienza mi ha dato molti spunti per continuare i miei studi sulla letteratura sarda che, paradossalmente, continua ad affascinarmi proprio per il suo essere una sorta di microcosmo autosufficiente, che si alimenta delle proprie tradizioni storiche, politiche, antropologiche, linguistiche e letterarie.
Amalia Maria Amendola, Roma, 3 novembre 2007

Cosa penso veramente (Michelina Borsari, 3 nov. 2007)

Il 31 ottobre 2007 L'Unione Sarda ha scritto che Michelina Borsari ha bocciato senza appello la formula della Mostra del libro di Macomer.
Le sue affermazioni hanno suscitato diverse reazioni. Io stesso ho scritto un articolo su L'Altra Voce.net. Oggi mi è arrivata questa precisazione dalla dott.ssa Borsari che, lungi dal confermare la bocciatura, esprime apprezzamento per l'iniziativa e muove delle critiche nei confronti di alcuni aspetti legati all'eccessiva insistenza sul tema dell'identittà. Critiche costruttive quindi che possiamo accogliere o respingere in tutto o in parte ma che comunque ci possono aiutare a precisare meglio i contenuti del nostro lavoro.
Mario Argiolas

Che cosa vuol dire "troppa Sardegna"?
«Esprime la sorpresa di trovarsi di fronte a una manifestazione costruita con dei confini di identità molto alti, quasi difensivi. Che rischia il localismo».
Concetto di identità da applicare ai giovani?
«È difficile che un ragazzo di vent'anni s'identifichi unicamente con la tradizione. Ha bisogno di essere connesso, di poter guardare oltre i confini. Di sentire l'orgoglio della sua terra anche perché è capace di attrarre chi viene da fuori. Consiglierei di far loro "mettere le mani in pasta". Perché se un programma troppo "localistico" alla fine non paga, paga invece il forte coinvolgimento della comunità locale con tutti i suoi attori, pubblici e privati, giovani e no ».
Che ne pensa della gestione degli spazi per gli autori?
«Le presentazioni con l'autore che parla del suo libro appena uscito sono dovunque in crisi. Cresce invece l'attenzione per il testo e la sua lettura diretta, ad alta voce. E' una tendenza positiva, di cui ci sono casi illustri anche in Sardegna, perché mette al centro il libro per il suo valore culturale. Si tratta sempre di un invito alla lettura,ma anche senza autore e ritorno commerciale immediato».
Altri punti deboli?
«La comunicazione visiva. La città potrebbe essere vestita a festa, con soluzioni che attirino l'attenzione. Vede questa piazza? (lo spazio tra i due padiglioni dell'Ex Caserma Mura ndr ), tranne il tendone per i bambini (e non c'è tenda che sia bella) è completamente spoglia. Su questo aspetto i giovani, che sanno maneggiare le nuove tecnologie, potrebbero fare molto. Ma il punto è sempre quello: puntare sul territorio come risorsa, coinvolgere ristoranti e albergatori in iniziative a tema, saldare le scuole all'evento, prestare attenzione ai trasporti per chi viene da fuori. E non dimenticare l'informazione: i media sono essenziali per il successo di un evento».
C'è dell'altro?
«Manca qualcosa di spumeggiante. Se mi passate il termine, mancano i nani e le ballerine. E lo dice una che si occupa dell'organizzazione di un festival dedicato alla filosofia. Tema che, un tempo, non godeva né di buona fama, né di buona stampa».
Un aspetto positivo?
«Più di uno. La grande professionalità degli organizzatori. La diffusa attenzione per la cultura come elemento di crescita civile e democratica. E poi il dialogo diretto e appassionato tra società e istituzioni. Il progetto regionale "la scuola adotta un libro" è formidabile».

venerdì 2 novembre 2007

Non c'ero. Ma apprezzo.

Non sono potuto andare alla Mostra. Da appassionato di letteratura, da aspirante giornalista e, soprattutto, da studente di Lettere mi sarebbe piaciuto sentire i dibattiti, vedere i vostri ottimi spazi espositivi, respirare questa bella "atmosfera culturale" che certamente avete creato. Purtroppo, mi sono dovuto limitare a seguire sull'Unione e la Nuova le notizie sulla manifestazione e i pareri degli addetti ai
lavori, ma anche e soprattutto dalla vostra rassegna stampa ho avuto del buon materiale. Non dico che è come esserci stato, ma se m'è venuta addirittura voglia di farci un post (e nel mio blog in genere parlo di tutt'altre cose) vuol dire che sono
interessato alla cosa. Senz'altro mi prometto di risparmiare soldi e tempo per la prossima edizione, cui cercherò di esser presente.
Matteo (2 novembre 2007)

I PROMOTORI

Sardegna CulturaI promotori della Settima Mostra del Libro in Sardegna:


I lettori al potere

cultnews.it Si è conclusa domenica sera la VII edizione della Mostra del libro in Sardegna.
A confrontarsi sul tema "Il futuro. Le parole e le idee per immaginarlo", c’erano tutti. Editori associati (riuniti dall’Aes), gli editori non associati, i librai indipendenti dell’Alsi. E poi scrittori sardi, una ventina, esperti nella produzione di eventi culturali come Pierluigi Sacco, editori della penisola di rilievo, quali Minimum fax e Fanucci. E, come tradizione vuole, le scuole, con tanti studenti. Alcuni dei quali, circa cinquecento, coinvolti in quella che è probabilmente l’iniziativa più importante della manifestazione: "La scuola adotta un libro", in cui gli allievi preparati precedentemente dai loro docenti alla conoscenza di alcune opere ne hanno discusso con gli autori, raccontando al pubblico, mai troppo numeroso, in verità, le loro esperienze di lettura e scrittura.
In questo evento, Mario Argiolas presidente dell’Aes, associazione editori sardi, vede la via maestra del futuro che ha dato titolo alla manifestazione.
"Non è più tempo delle lamentazioni sul fatto che i sardi leggono (e comprano) pochi libri. Bisogna creare nuove esperienze culturali di fascinazione che sollecitino alla lettura utilizzando linguaggi nuovi, anche 'contaminati', più vicini ai giovani ed a coloro che un libro non l’hanno proprio mai 'aperto'. Solo così si può creare un pubblico inedito, un pubblico di lettori di domani". Una implicita, non sappiamo quanto voluta, autocritica da parte del rappresentante di una categoria che sino a ieri, con poche eccezioni, pareva poter vivere essenzialmente dei contributi regionali della scellerata (perché condannata immediatamente dall’Unione Europea per aver infranto clamorosamente la disciplina degli Aiuti di stato) Legge 22 del 1998. L’anno prossimo si partirà da qui dunque, da una nuova formula che coinvolga gruppi di lettori il più possibili ampi, ai quali gli scrittori risponderanno, capovolgendo la formula che ha sempre visto protagonisti gli autori, in cattedra, di fronte ad un pubblico che spesso non ne conosce l’opera, rendendo spesso gli incontri una mera, sterile vetrina elitaria. Non vediamo l’ora che ciò accada davvero.
Enrico Martini www.cultnews.it (31 ottobre 2007)

Scegliere la qualità, privilegiare l’attenzione per la cultura (Roberto Serra)

Mi sono recato alla mostra del libro di Macomer per accompagnare due classi del Liceo “Baudi di Vesme” di Iglesias, presso il quale svolgo la mia attività di insegnante. È stata per gli alunni una esperienza altamente formativa, non solo per la lettura e la discussione del libro adottato, attività svolte presso la sede scolastica, ma per il fatto che gli studenti hanno avuto altresì la possibilità di incontrare ed essere partecipi della complessità e dell’interesse che la produzione editoriale in Sardegna riesce a suscitare, e ancora prendere parte attivamente ad un dibattito pubblico che è stato innanzitutto vissuto come promozione della loro personalità. Quali altre occasioni possono avere gli studenti per leggere, confrontarsi e maturare esperienze così significative? Dibattiti, autori, libri, concerti, teatro mentre tutta la cittadina veniva invasa dall’oggetto libro che intanto acquistava la forma gioiosa di potente strumento anche per la crescita economica oltre che civile di tutta intera una comunità.
Sulla scorta di tali suggestioni, riaccompagnate le classi, sono subito ritornato a Macomer, richiamato propriamente dal libro e dal senso che il largo confronto sviluppatosi sui diversi temi dell’editoria, di internet, dell’identità, della costruzione di un’economia fondata sulla cultura acquisiva ai miei occhi come insostituibile strumento di crescita civile, di riflessione intorno ad alcuni nodi problematici che catalizzano attualmente il dibattito intorno alla produzione culturale in Sardegna. Come proponeva il prof. Pierluigi Sacco, che nel corso di una conferenza rinveniva in Sardegna delle forti potenzialità per la costruzione di una economia della cultura, si tratterebbe appunto di lavorare in vista della promozione di quelle competenze alla lettura, alla fruizione della cultura che ci mettono in grado di accedere adeguatamente ad oggetti intellettualmente complessi quali sono i libri, proprio attraverso il lavoro nelle scuole e con le biblioteche dei piccoli centri che consentano di cogliere e dunque tutelare la qualità nella produzione e nella fruizione della cultura. Una possibilità che l’iniziativa dell’Aes, dell’ALSI e dell’Associazione Verbavoglio indubbiamente ha favorito e reso concreta in quel laboratorio di idee che è stata l’ultima mostra del libro. Così risultavano funzionali a questo intento inespresso, ma pienamente articolato nel corso della mostra, le diverse iniziative che si svolgevano anche al di fuori dei padiglioni della ex caserma Mura dove aveva sede la mostra, nelle librerie dunque, nelle cene con gli autori, le vetrine addobbate con i libri, gli spettacoli in piazza, la banda musicale che sfilava e la lettura di poesie nelle vie del paese. Qualcosa di molto diverso dalla pretesa della imposizione di un format, gia strutturato, semplicemente imposto al paese ospitante e che non potrebbe attuarsi se non con prospettive omologanti e al più folkloriche, come sembrava trapelare dall’intervento della prof.ssa Michelina Borsari, che in una successiva intervista, rilasciata all’Unione Sarda, tra le carenze rilevate pareva proprio sottolineare l’assenza dalla mostra di quegli elementi “scoppiettanti” che fungerebbero da maggior richiamo, proprio quelli deliberatamente tralasciati dagli organizzatori, e che forse potrebbero anche richiamare un più numeroso pubblico, ma a detrimento della qualità, dell’intelligenza nella fruizione, se è vero quanto affermato nel corso della stessa conferenza dal prof. Sacco, ossia la necessità di evitare, nella creazione di un’economia fondata sull’immateriale, proprio il customer orientation, pena, aggiungiamo noi, una sorta di decadenza televisiva alla ricerca di audience, con effetti speciali e fuochi d’artificio, chissà magari ancora atti a risolvere in certe forme di esotismo le possibilità della produzione letteraria sarda.
Pure sono innegabili significative opere che si vanno affermando al di là di questo gioco, con una precisa consapevolezza della complessità della questione identitaria che tanto è vitale quanto più è disposta ad ibridarsi con altre complessità, o al più tutelata in un luogo inaccessibile, negandosi ad ogni rappresentazione che intenderebbe identificarla, una sorta di chora semiotica, come è giusto che sia, chiamata a svolgere la funzione di muto richiamo per nuove produzioni di senso nel complesso di memoria e futuro. E perché la nostra condizione originaria è sempre quella dell’esilio, e perché la radice o l’ “ancora” di quella condizione si sottrae ad ogni forma di rappresentazione, e acquista forme di luogo utopico, ecco che siamo chiamati a dire e a scrivere, a parlare e ad interrogarci sulla nostra origine, sull’identità.
Si va via certo molto più ricchi da Macomer. Scorrendo lungo la 131 ancora ritorna con nostalgia la maggiore vicinanza del libro, la eco dei molteplici temi di dibattito che l’Aes e gli altri organizzatori hanno predisposto, così come gli incontri, talvolta anche casuali, con amici e scrittori.
La diversificata offerta e la disponibilità al confronto aprono ulteriori scenari per il dibattito culturale in Sardegna, mentre si va precisando la necessità di un decentramento delle iniziative culturali. Forse questa mostra del libro dovrebbe proporsi con un’articolazione più strutturata nel corso dell’intero anno, nei diversi paesi della Sardegna e attraverso diverse iniziative, rafforzando una più adeguata strategia di comunicazione, anche sottolineando il suo essere davvero presidio di lettura, ovvero di crescita civile, magari coinvolgendo ancora con più decisione le scuole per una civiltà delle idee e della parola.

Mostra del Libro, cultura e buoni affari

Macomer. Ancora una volta la rassegna è stata una boccata d'ossigeno per l'economia
Mostra del Libro, cultura e buoni affari
Unico lato negativo i problemi pratici della Notte bianca

Commercianti soddisfatti anche se sembra esserci stato un calo di presenze rispetto agli anni scorsi.
Se alle Caserme Mura si è misurata la ricaduta in termini culturali della settima Mostra regionale del libro, per le vie della città, a pochi giorni dalla chiusura della rassegna, si valuta l'impatto economico dei flussi di visitatori attratti da libri, dibattiti, reading e spettacoli imperniati sul mondo della scrittura. I pareri sono contrastanti: alcuni non hanno dubbi sul fatto che si sia trattato di un boom di numeri, guadagni e prospettive di crescita, altri addebitano a meccanismi organizzativi ancora da oliare un esito solo parzialmente positivo.
LE ASSOCIAZIONI Caterina Fozzi, presidente della sezione Ascom di Macomer, è certa che la manifestazione abbia rappresentato un'occasione importante per i suoi associati e che possa rappresentare un evento su cui ciascun imprenditore debba investire con fiducia: «La mia opinione è assolutamente favorevole, anche perché da imprenditrice, oltre che da rappresentante di un'associazione di categoria, ho potuto toccare con mano un ritorno immediato. La mia azienda, che opera nel settore della panificazione, ha triplicato le vendite per via delle richieste pressanti di bar e ristoranti che dovevano rispondere a un numero di avventori più consistente». Le critiche? «Ben vengano se non sono fini a se stesse - puntualizza Fozzi - e se formulate per il bene della comunità: la Notte bianca avrebbe certamente richiesto una pubblicità più ampia e non avrebbe guastato poter contare su accompagnatori capaci di illustrare un itinerario possibile tra proposte "profane" e culturali».
BAR & RISTORANTI Tavolini, salotti e banconi hanno beneficiato dell'effetto mostra? «Rispetto allo scorso anno - dicono al ristorante "Da Gigi", nel centro storico - ci pare di aver colto un calo di visitatori. Per quel che ci riguarda, essendo stati teatro delle iniziative dell'Aes, abbiamo lavorato bene. Però, rispetto all'edizione passata, non abbiamo avuto i turisti abitualmente richiamati in città dalla Mostra del libro. Riteniamo che ciò sia dovuto a un ritardo nella pubblicazione di brochure e materiale informativo che lo scorso anno, con un certo anticipo rispetto al taglio del nastro, ha raggiunto anche gli aeroporti isolani». Piena soddisfazione invece al "Bar Cubo". Antonio e Stefania, giovani gestori, descrivono «un'atmosfera suggestiva», capace di far assaporare anche a Macomer i vezzi delle grandi città, dove gli incontri con gli autori, tra bevande e menù, sono consuetudine: «Nel dare la nostra disponibilità per gli appuntamenti con gli scrittori non abbiamo puntato sull'incasso, ma su un'iniziativa che potrebbe rivelarsi preziosa».
LA LIBRERIA Luciana Uda, titolare della Libreria del Corso e animatrice dell'associazione culturale Verbavoglio, gode di un osservatorio privilegiato sulla Mostra del libro. Il sodalizio, nato per promuovere la lettura, quest'anno è stato coinvolto nella manifestazione come organizzatore: «La valutazione della Mostra è certamente positiva. Nella rassegna, infatti, abbiamo potuto scorgere anche lettori che normalmente non entrano in libreria e che, approfittando dell'informalità dell'ambiente, acquistano libri. Se ci si deve soffermare sull'analisi degli eventi di contorno alla manifestazione e in particolare della Notte bianca, rimangono molti aspetti organizzativi da rifinire, così che la festa di piazza si coniughi meglio con gli spazi culturali. Dal punto di vista logistico, per esempio, gruppi di commercianti potrebbero gestire salotti per il confronto con gli autori». A fronte di una tradizione consolidata e di una Mostra che ha ormai acquistato uno spazio di rilievo nel panorama culturale regionale, molto ancora resta da fare sul piano della promozione, dell'accoglienza e di una piena ed efficiente sinergia tra i tanti attori dell'evento.
RISVOLTI NEGATIVI Se nella cornice delle ex Caserme Mura l'impianto, ormai collaudato, ha retto all'impatto col pubblico, promettendo margini di crescita e potenziamento, la Notte bianca ha mostrato alcuni punti di cedimento. Rumori assordanti e contrastanti, la sovrapposizione di eventi e la mancanza di guide e mappe, ha disorientato soprattutto coloro che avevano pensato ad una manifestazione imperniata sulla cultura. Ad evidenziare i limiti dell'organizzazione è la scrittrice Neria De Giovanni che, accompagnata da sei tra i più grandi esponenti della poesia sarda, è stata inconsapevolmente proiettata in una selva di rumori, tra organetti, passanti frettolosi e spazi non predisposti per un incontro di natura culturale: la lettura delle poesie contenute nel libro "Sardegna, l'isola e la poesia", pubblicato quest'anno dalle edizioni Nemapress. Gli appelli al Comune, organizzatore dell'incontro, e gli sforzi degli esercenti che hanno messo a disposizione sedie e tavolini, non hanno consentito ai versi di superare le barriere del caos notturno. «Mi spiace - dice l'autrice - che il pubblico non abbia potuto apprezzare il valore di un progetto culturale che, patrocinato dal Presidente della Repubblica e riconosciuto anche a livello nazionale, consente a ciascun poeta di utilizzare la sua variante linguistica. Preferisco pensare - sottolinea l'autrice - si sia trattato di un disguido di carattere organizzativo tra l'Aes, l'associazione degli editori sardi con la quale erano intercorsi i contatti, e il Comune».
MANUELA ARCA

02/11/2007

mercoledì 31 ottobre 2007

Macomer. La mostra del libro e l'ossessione dell'identità (Blog: il cannocchiale)

Si è conclusa questa settimana, la Mostra del Libro di Macomer, giunta alla settima edizione. I media locali, dalle radio ai giornali, hanno seguito con interesse l’iniziativa, raccontata poi da un blog ufficiale. In questo blog, appunto, sono disponibili le rassegne stampa (con gli articoli tratti dai quotidiani sardi) dell’iniziativa, commenti agli incontri previsti dalla manifestazione, informazioni di vario genere sull’evento.
Sull’Unione Sarda di ieri, in particolare, un articolo a firma di Emiliano Farina, inviato sul luogo, metteva in evidenza il problema della "ossessione" per la sardità. Le diverse tesi proposte nell’articolo, pubblicato nella pagina della cultura del quotidiano cagliaritano, si muove dall’assunto che l’identità sarda sia diventata quasi un obbligo per chi vuol fare letteratura.
Il libro. "Cartas de Logu: scrittori sardi allo specchio" è il titolo di un volume di opinioni, raccolte e curate da Giulio Angioni, sull’identità e l’attaccamento alla terra natia negli scrittori isolani. Le diverse opinioni espresse, inoltre, vedono alcuni scrittori sbottare contro l’eccessiva pressione, anche da parte egli editori (che “fanno a gara per avere uno scrittore sardo in catalogo”, s’è detto alla presentazione del volume), sugli scrittori a scrivere in sardo o di sardo, di Sardegna, di Sardi. L’accenno all’eccesso di identità, e al fatto che lo stesso mercato ci si sia fatto assorbire, è fondamentale per mettere in discussione un altro punto: a quanto serve rivendicare questa identità nei libri, negli incontri ad essi legati, e poi limitarsi a tutto ciò? Il segnale che parte dalla Mostra di Macomer, ma anche da tanti altri appuntamenti culturali, non riesce, questa è l’impressione guardandoci attorno, a penetrare la società, a rendere centrale la sardità nel cittadino medio.
Critica e riflessione. Simonetta Sanna, in un dibattito nella presentazione di Cartas de Logu e con un intervento sulla Nuova Sardegna, ha sviluppato appunto questa critica, individuando in ferite e traumi le cause di questo bisogno così forte di identità. Nell’articolo pubblicato sul giornale sassarese, la filologa chiarisce che “Nel mondo globale, in sostanza, c’è spazio anche per il prodotto-Sardegna, al di là del valore delle singole opere che, nel tempo e attraverso il confronto, sapranno farsi strada da sé”. Il mercato quindi, contamina e si fa contaminare dalla Sardegna come prodotto, e non solo nel turismo da spiaggia.
Due fronti, due eserciti. E’ chiaro che, nell’ambiente letterario isolano, in particolare nei festival (che in Italia sono diventati uno dei culti più importanti con cui gli amministratori si regalano visibilità), la Sardegna sta godendo quasi di una situazione di monopolio. Fa bene Michelina Borsari, direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena, a dire sull’Unione di oggi che si rischia una “manifestazione chiusa e destinata soltanto alla comunità locale. E il localismo va evitato”. La segnalazione di un addetto ai lavori “continentale” non va certo vista come un disprezzo verso la tradizione e l’identità, ma va discussa, evitando posizioni da manichei. Purtroppo, sembrano essersi formati due schieramenti, come nel caso del dibattito sulla Limba Sarda Comuna (LSC): da una parte i difensori integralisti dell’identità, non certo indipendentisti ma capaci anche di fare un mito della nostra tradizione, e dall’altra, fors’anche con un po’ di snobismo elitario, i difensori dell’italianità, quelli che hanno la nausea di fronte a tanta autocelebrazione.
In medio stat virtus. E’ una frase fatta, ma racchiude una soluzione: la ricerca dell’identità, dalle cose più banali (una bandiera dei quattro mori su un blog) ai testi più impegnati, deve essere uno dei temi, non il tema. Innanzi tutto perché un popolo, per sentirsi tale, deve inquadrarsi anche in altri versanti oltre quello identitario: quello sociale, musicale, politico per esempio. La storia della Sardegna, per esempio, dovrebbe alternare l’esaltazione e l’approfondimento dei momenti in cui l’orgoglio dell’isola è stato difeso con forza e valore a quello dei processi politici più normali, più italiani. In tal senso, nelle università si sta già facendo tanto, con l’istituzione di Corsi di Laurea, esami e approfondimenti dedicati alla cultura e la storia sarda. Tuttavia, a livello culturale, la centralità dell’Europa e della letteratura italiana non deve perdere d’attualità.
Da Ales ad Aosta - Il fatto che il Gramsci, che tanto quest’anno s’è celebrato (e se a farlo sono ricercatori e docenti che ci hanno dedicato un’intera carriera, senz’altro la cosa è importante), e la Deledda (uno dei pochi premi nobel italiani per la letteratura) usassero in maniera divina la lingua di Manzoni va messo sempre in primo piano. Poi c’è la letteratura in limba (lingua sarda), quella antica e quella attuale delle gare poetiche, ma il tutto non dovrebbe diventare un’ossessione, altrimenti culturalmente e socialmente si rischia davvero la chiusura.
Il punto di incontro fra le due letterature, sarda e italiana, sta nel fatto che la prima, perché per noi l’italiano è lingua materna, appartiene alla seconda, ma le sfugge continuamente, cerca di agitarsi, di mostrarsi e farsi vedere: niente di più giusto, nobile e pregevole, a patto che a scrittori e artisti il mercato lasci la possibilità di scegliere quali temi trattare, così che questa sardità sia vista per quello che è e non come un obbligo tematico dell’industria culturale.

Blog Il Cannocchiale, 30 ottobre 2007

martedì 30 ottobre 2007

Macomer: importante impulso alla promozione culturale

Intervento di Luigi Muroni
Assessore alla Cultura
Comune di Macomer
La Mostra regionale del libro non è solo un importante momento di promozione alla lettura e dell’editoria sarda ma deve porre le basi perché alcune delle attività proposte all’interno della rassegna possano avere continuità nel corso dell’intero anno. In particolare la promozione alla lettura all’interno delle scuole, con dibattiti e confronti con gli autori, non può essere limitata al solo periodo antecedente alla Mostra. Riteniamo, inoltre, che un forte strumento per avvicinare le fasce più critiche alla lettura sia quello di introdurre, all’interno delle classi, il “laboratorio del fumetto”.
La Mostra del Libro è anche un momento di conoscenza, che può essere ulteriormente approfondito, della lingua, delle tradizioni popolari, del canto e della danza della Sardegna, nonché occasione importante per far emergere i lavori di ricerca portati avanti dalle Associazioni culturali. Nella fattispecie a Macomer esistono Associazioni che svolgono ricerche sociali che sono, nel contempo, momenti culturali importanti.
Il blog, appositamente allestito per la Mostra del Libro, oltre che essere un momento di discussione virtuale sui contenuti della mostra, durante tutto il corso dell’anno può essere un formidabile strumento di confronto fra i ragazzi di tutte le scuole della Sardegna per dibattere, raccontare impressioni, confrontarsi sui tesi letti e discussi in classe.
Appare importante anche sottolineare il fatto che la Mostra del Libro concorre a gettare le basi per un confronto durevole fra editori, librai e biblioteche: da tale confronto non può che scaturire un importante impulso alla promozione culturale, alla produzione libraria e alla lettura.
Altro elemento, per Macomer e la Sardegna centrale, da non sottovalutare è il fatto che la Mostra del Libro in Sardegna rappresenta anche un momento importante di ricaduta economica per il settore alberghiero, della ristorazione e dei Pubblici esercizi in generale.

Luigi Muroni
Assessore alla Cultura
Comune di Macomer

Un segno di grande vitalità (Aldo Addis)

Intervento di Aldo Addis (Associazione Librai Sardi Indipendenti) alla tavola rotonda su “Da Gutenberg a Internet: la promozione del libro e della lettura”
Macomer, 27 ottobre

La fiera di Macomer è il momento per fare il punto sullo stato del mondo del libro sardo. Sottolineo ”mondo del libro” per sgombrare da subito il campo da un equivoco: l’editoria sarda non sono solo gli editori, pur indispensabili ovviamente, né si può rappresentare questo mondo solo parlando degli scrittori attualmente in auge in campo nazionale e all’estero.
Quando si parla di libri, e soprattutto di promozione della lettura, è indispensabile chiarire un fatto: non esisterebbe la cosiddetta “nouvelle vague” sarda, non ci sarebbe il fenomeno tutto isolano di un’editoria così prolifica senza il lavoro di promozione sul territorio svolto dai librai, dai bibliotecari, da tanti insegnanti appassionati.
Ecco perché oggi mi preme dare conto di un lavoro comune che librai ed editori stanno portando avanti per promuovere iniziative e sensibilizzare le istituzioni in favore della promozione del libro sardo.
Fatti concreti, come l’iniziativa del “libro sardo in vetrina”, nel corso del quale l’editore di turno ha potuto esporre in vetrina i propri libri, far conoscere i cataloghi e gli autori attraverso decine di iniziative promosse in tanti paesi e città sarde. Ed un fatto concreto è anche la collaborazione nella progettazione e nella realizzazione del programma di Macomer, oggi sicuramente accattivante ed interessante sia per gli addetti ai lavori che per i lettori.
Fondamentale è anche riconoscere il mondo della scuola come il fulcro su cui far convergere ogni sforzo di promozione della lettura. Se vogliamo creare nuovi lettori non possiamo che farlo investendo sulla scuola, non lasciando a pochi insegnanti illuminati l’ingrato compito di farsi carico di un lavoro gratificante ma faticosissimo, ma dando loro risorse, supporti informativi e idee per promuovere iniziative e dotare le scuole di libri e di biblioteche attrezzate.
In quest’ottica va letta la recente delibera della giunta regionale che stanzia 500.000 euro per l’acquisto di libri sardi da parte di biblioteche scolastiche.
Anche questo è un fatto concreto, e si deve al paziente lavoro di Mario Argiolas e del direttivo dell’AES l’aver convinto gli editori che la stagione dell’editoria assistita era definitivamente chiusa e si doveva intraprendere la strada della qualità, dell’eccellenza, della promozione, del “fare sistema” come ha dichiarato oggi il presidente dell’AES, assieme a tutti gli attori della filiera.
E questa collaborazione continuerà a novembre con la promozione di ILISSO nelle librerie e con un mese di dicembre che vedrà coinvolti tutti gli editori, gli scrittori e le librerie sarde in iniziative e promozioni del “Libro sardo per Natale”.
Ho parlato di fatti concreti, perché il rischio di questi convegni è che si parli di idee, proposte e intenti nobili, ma non si riesca mai a finalizzarli in progetti concreti. Termino ritornando al tema di questa 7ma edizione: il futuro.
Se devo usare uno schema per descrivere quello che auspico avvenga nel mondo dei libri in Sardegna mi vorrei rifare ai principi che hanno ispirato la delibera di giunta appena ricordata: vengono premiate le biblioteche scolastiche che risponderanno a criteri di qualità e di servizio adeguati; gli stessi editori e scrittori sono sottoposti ad un esame da parte di bibliotecari e lettori che dovranno scegliere per gli acquisti. Inoltre le librerie che vorranno concorrere alle forniture lo faranno con una serie di servizi e di collaborazioni e non più in base a sconti e ribassi.
Spero che questo sia il primo passo verso un futuro in cui vengono premiate le eccellenze, in cui si parli sempre più di investimenti e non di assistenza, di aiuti per l’innovazione e non di contributi a pioggia, di promozione e di vendita di libri e non del loro stoccaggio in magazzini pubblici.
Che si diano risorse a chi effettivamente lavora per promuovere e diffondere il libro sardo, e lo fa ogni giorno in tanti posti dell’isola e in tanti modi diversi, nessuno a priori migliore di un altro.
Che siano festival o mostre, fiere o forum, convegni o premi letterari, letture o reading musicali; questa varietà di iniziative è secondo noi un segno di grande vitalità. I librai sardi lavorano da sempre in questa direzione: lasciamoci alle spalle polemiche e contrapposizioni sterili e lavoriamo per dare al libro sardo e alla lettura in Sardegna nuove opportunità e sempre maggiore diffusione.

Eventi incommensurabili (Alberto)

Mi ha lasciato molto perplesso la presa di posizione di Michelina Borsari sulla formula della mostra di Macomer e la bocciatura, quasi completa, dell'edizione cui lei ha partecipato.
In primo luogo perché mi sembra difficile, anche per una esperta del suo calibro, valutare il funzionamento di una manifestazione culturale in una mezza giornata.
Tra l'altro proprio domenica mattina la Borsari ha assistito al dibattito con Pier Luigi Sacco e Maria Antonietta Mongiu, che sicuramente non può essere tacciato di localismo.
Senza tentare di confutarne le posizioni, mi permetto di sottolineare che osservare la mostra di macomer con le lenti del festival di Modena sia un'operazione inutile, prima che sbagliata.
Mi era sembrato, ma probabilmente ho capito male, che nel suo intervento di domenica la Borsari dicesse cose diverse sugli eventi culturali nei piccoli centri.

Alberto

Piazza spoglia?

Nelle due immagini (rispettivamente di Giacomo Mameli e Paolo Lusci) sono visibili l'orribile tendone e la piazza terribilmente spoglia descritti da
Michelina Borsari.
A proposito di questo intervento, mi permetto una riflessione sul concetto stesso di locale, soprattutto se usato come alternativa semantica, di stampo buonista, alla vecchia parola, snob e politicamente scorretta, provinciale.
La provincialità, lungi dall'essere un dato oggettivo, consiste fondamentalmente nell'imbarazzo di essere altro, una sorta di complesso che spinge all'omologazione. La Borsari, nell'intervista, si mostra eccessivamente introiettata nel proprio microcosmo ed infatti non coglie affatto che questo tipo di imbarazzo a Macomer non c'era. C'erano libri sardi, ma perché, è evidente a tutti, i libri sardi hanno qualcosa di diverso da dire a tutto il mondo, non solo ai sardi stessi.
Forse, semplicemente, i sardi sanno essere altro, senza rincorrere modelli omologanti, tantomeno quelli radical chic e, in virtù di questa dote, amano e apprezzano qualunque forma di diversità, si pongono in ascolto.
Il senso di grandeur incarnato nelle idee della Borsari è il chiaro segno di dove abiti la provincialità e del sentiero che la Sardegna, nel suo percorso culturale, non dovrebbe mai seguire.
Insomma, non si può pretendere che la cantina di Santadi impari a fare il Terre Brune nelle aziende di Zonin... A ciascuno il suo!

«Troppa Sardegna», anatema per crescere

Emiliano Farina
L'Unione Sarda 30/10/2007
Macomer. Trasformare un pregio come la voglia di dialogo in una zappata sui piedi. Mario Argiolas, patron della Mostra del Libro, ha simbolicamente consegnato le chiavi della settima edizione della rassegna di Macomer. E anticipa la risposta a una domanda che si aspettava da giorni. «Sì, certo, invitiamo soprattutto autori e relatori che non la pensano come noi. È la nostra filosofia». Tra quegli ospiti, ce n'è uno in particolare che dopo un intervento su come si organizza un festival di letteratura, boccia l'impianto di quello di Macomer: «Troppa Sardegna». Parola di Michelina Borsari, direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena, organizzatrice del secondo più importante (il primo è quello di Mantova) tra i mille nazionali che ogni anno invitano alla letteratura: il Festival della Filosofia di Modena.
Che vuol dire “troppa Sardegna”?
«Significa trovarsi di fronte a una manifestazione chiusa e destinata soltanto alla comunità locale. E il localismo va evitato».
Concetto di identità da applicare ai giovani?
«È difficile che un ragazzo di vent'anni s'identifichi con la tradizione. Ha bisogno di altre cose, di poter guardare lontano. Noi non lavoriamo per i giovani ma con i giovani. Così come non si dovrebbe lavorare per i sardi ma con i sardi».
Che ne pensa della gestione degli spazi per gli autori?
«Le presentazioni sono commerciali e dunque morte da tempo. È fondamentale la centralità del testo rispetto a editori e autori. Mettere lo scrittore al centro dell'attenzione è sbagliato: al visitatore interessa ciò che scrive, non la sua persona».
Altri punti deboli?
«La comunicazione. La città deve essere vestita a festa con soluzioni che attirino l'attenzione. Vede questa piazza? (lo spazio tra i due padiglioni dell'Ex Caserma Mura ndr ), tranne l'orribile tendone per i bambini è completamente spoglia. Per attirare i ragazzi bisogna puntare molto su Internet e sulle tecnologie visive. E ancora, dare un'informazione completa ai giornalisti, mettersi d'accordo con ristoratori e albergatori per creare iniziative a tema. Se non si fanno queste cose poi non ci si può lamentare che l'economia cittadina non gira. La conseguenza di una comunicazione assente o difettosa è terribile: l'elitarismo».
C'è dell'altro?
«Manca qualcosa di spumeggiante. Se mi passate il termine, mancano i nani e le ballerine. E lo dice una che si occupa dell'organizzazione di un festival dedicato alla filosofia. Tema che, un tempo, non godeva né di buona fama, né di buona stampa».
Un aspetto positivo?
«La grande attenzione per la cultura e il dialogo tra società e istituzioni. Il progetto “la scuola adotta un libro sardo” è formidabile».
***
Uno dei punti deboli del programma sono state le attività collaterali. Tra queste la musica, spesso snobbata. «Per stimolare i giovani bisognerebbe spostare i concerti più al centro tenendo conto degli orari dei giovani», ammette Argiolas. Così come ammette difficoltà organizzative e una comunicazione partita troppo in ritardo. «Certo, i problemi sono tanti e dobbiamo migliorare, ma per farlo abbiamo bisogno di un'offerta ricettiva più attiva e di più collaborazione da parte della città. Se dovessi fare un bilancio globale, dico che quest'anno siamo riusciti a consolidare una formula». In questa edizione i libri esposti sono stati un migliaio in meno rispetto alle precedenti. «È stata una nostra scelta: oggi sono i singoli editori a curare la propria esposizione. Piuttosto non mi sarei aspettato che rispondessero così numerosi: 34».
Troppa Sardegna?
«Se l'identità è vista come ideologia diventa una prigione. Se vista come confronto è un'opportunità».
Sicuramente il turismo culturale cresce più con le zappate sui piedi che con sedicenti successi da sbandierare ai quattro venti.

Le ferite e i traumi irrisolti che generano il bisogno d’identità

Le ferite e i traumi irrisolti che generano il bisogno d’identità
Simonetta Sanna, La Nuova Sardegna, 30 ottobre 2007
Domenica scorsa, alla settima «Mostra del libro in Sardegna», a Macomer, ho partecipato alla presentazione di «Cartas de logu. Scrittori sardi allo specchio» (Cuec Editrice), a cura di Giulio Angioni, libro che raccoglie le riflessioni di quarantadue scrittori sardi sul tema dell’identità. Un tema, l’identità sarda, non solo al centro del dibattito culturale, ma che si riverbera sulla stessa attualità politica, muovendo a raccolta anche le giovani generazioni, per le quali s’intreccia con tematiche ambientaliste e della solidarietà. Ma quali prospettive questo tema apre sul futuro e quali sono le parole e le idee che possono prefigurarlo? [...]
I quarantadue contributi di riflessione degli «scrittori allo specchio» in «Cartas de logu» mi sembrano significativi al punto da essere specchio dell’isola: in alcuni testi la coscienza identitaria continua ad essere avvalorata dalla natura isolana o dagli antichi codici della convivenza collettiva; altri ne individuano le fratture e i traumi irrisolti, nonché gli alti costi individuali e sociali che questi comportano; altri ancora articolano, infine, un netto rifiuto del discorso identitario. Proprio oggi, però, questo netto rifiuto parrebbe contraddetto dal fatto che paesi e mondi lontani sembrano riconoscere la nostra specificità, mentre la nostra letteratura è oggetto di un riconoscimento nazionale e internazionale.
Ecco, io sospetto che questo «riconoscimento» sia legato alla funzione che il «caso Sardegna» svolge in rapporto a queste realtà distanti: quella di rappresentare l’altro da sé, di articolare anche per loro il sogno di una modernità risanata, che annulli l’opposizione fra tempo circolare della natura e tempo lineare della storia, per dare voce al sogno inattingibile di un individuo pacificato con se stesso perché inserito organicamente nella comunità umana cui appartiene e nella natura. Ritengo, insomma, che la letteratura sarda contemporanea continui ad assolvere una funzione «sostitutiva», inserendosi in quella nicchia di mercato riservata qualche anno fa al realismo magico latinoamericano. Nel mondo globale, in sostanza, c’è spazio anche per il prodotto-Sardegna, al di là del valore delle singole opere che, nel tempo e attraverso il confronto, sapranno farsi strada da sé.
In una prospettiva interna all’isola, invece, il discorso identitario risulta a mio parere perdente. Iscritto come è nel cerchio di rispecchiamento/riconoscimento, rappresenta se non una «forma di eutanasia», come ritiene Marcello Fois, quanto meno una forma di mistificazione, come sostiene Salvatore Mannuzzu. Ma guardiamoci intorno: le condizioni oggettive di cui parla Aldo Accardo, in «L’isola della rinascita» (1998) sono forse mutate, la debolezza costitutiva della borghesia sarda, dagli imprenditori agli intellettuali, è forse superata? I primi continuano a fare affidamento sugli incentivi pubblici, amministrati da una classe politica nuova e vecchia che si riconosce ancora nello scambio fra consenso e distribuzione della spesa pubblica, mentre gli intellettuali o la stessa società civile risultano indeboliti nella loro essenziale funzione di valutazione critica dall’uso clientelare del potere anche in rapporto con le competenze e i saperi.
Sul piano più generale, invece, la dissonanza fra la recente sentenza del giudice tedesco, che ci vede come noi stessi spesso ci rappresentiamo, e la pur meritevole nuova «Grande enciclopedia della Sardegna» - che «sintetizza ogni elemento di qualche importanza che caratterizza l’universo regionale», perdendo talora di vista il nesso fra il particolare e la valenza universale e dunque finendo per rafforzare non l’identità, ma la trama del «romanzo familiare regionale» - è meno grande di quanto non sembri. Per quanto le nostre ferite collettive ci rendano unici e diversi, neppure noi possiamo sottrarci alle dinamiche delle moderne società di massa, che risultano tanto più virulente quanto meno sono riconosciute come tali. E’ Freud a insegnarci, in «Psicologia delle masse», come sia soprattutto una società «traumatizzata» ad avere bisogno di leader che sollecitino le sue paure e le sue ansie di riscatto. Se però la società non si emancipa da tali dinamiche, rimanendone prigioniera, allora non solo non se ne avvantaggia, ma regredisce ad una condizione infantile. Pertanto, quale futuro si prepara a quest’isola che finalizza agli scopi di una politica identitaria post-moderna schemi e stilemi identitari premoderni, sfiorando talora situazioni di vera e propria psicosi collettiva, mentre continua la sua marcia verso la (post)modernità? Sono dinamiche che andrebbero disinnescate col contributo attivo soprattutto degli intellettuali critici, ma su cui chiunque abbia a cuore il futuro della nostra isola deve meditare.
Personalmente ritengo che il futuro e le parole e le idee per immaginarlo non procedano dall’isola e dalla sua coscienza identitaria, ma dal confronto con l’Europa, con la cultura garantista e democratica dell’Europa moderna, con la sua politica della regolamentazione capace di produrre una logica unitaria volta ad introdurre più equità e giustizia sociale e regole più trasparenti, insomma, nuove buone pratiche fondate sul merito, con la rispettiva cultura della responsabilità sociale e della valutazione. Dall’Europa e dalla stessa globalizzazione, vale a dire dagli anticorpi che questa sta generando in ambito planetario, da cui - se tutto va bene - conseguirà una ragionevole tutela di ogni particolare proprio perché se la «realtà» coincide con le sue rappresentazioni, questa sarà tanto più ricca, articolata e vitale, quanto più saremo in grado di salvaguardare le differenze, sulla base di una «pacata consapevolezza della forza interiore» e quindi di ogni «assenza di ostilità» (Giuseppe Marci in «Cartas de logu»).
Europa e globalizzazione potranno altresì rappresentare quella grande cornice di riferimento entro cui ripensare le idee e le parole che definiscono la nostra identità, consentendo di passare da un’ideologia fondata su radici (le tradizioni, il sangue e le generazioni passate: il tempo) e terra (lo spazio vitale), che ci ancora nel tempo e nello spazio, a nuove immagini, più adatte all’universo fluido in cui operiamo, come ad esempio l’àncora stessa suggerita da Zygmut Bauman: se le radici predeterminano la struttura della pianta futura, nonché la vita, se alimentate, o la morte, se recise, l’àncora può essere issata e gettata, mentre i porti cui la nave della vita attracca ben rappresentano l’intreccio di continuità e discontinuità che ci costituisce, favorendo così quella nuova percezione individuale e collettiva, capace di generare una «pacata consapevolezza» e un’«assenza di ostilità» nel confronto con i propri simili e con i diversi.
Gli intellettuali che, anche in Sardegna, osserveranno fedeltà alla loro funzione critica, senza farsi irretire nelle reti del dare ed avere, nelle forme distorte di «riconoscimento», potranno contribuire a questo necessario cambiamento, anticipando il futuro nell’oggi e nutrendo fattivamente la speranza di una modernizzazione del «sistema Sardegna», di una modernità risanata nel dialogo con le altre culture e insieme a partire dalla valorizzazione degli elementi migliori della nostra tradizione.