sabato 3 novembre 2007

Bellissima esperienza (Franco Meloni, 3 nov. 2007)

Dallo Speculum il Re potè ammirare dall’alto tutta la Biblioteca. Provò un senso di smarrimento e la fece interdire.

Macomer, Ottobre 2007.
La giornata è bella e sono contento. Frequentare libri è piacevolissimo sempre, ancora di più se lo si fa in una festa dove si può parlare con altri che condividono i tuoi interessi. Gli spazi, alla fine del Paese, sono ordinati e ariosi, pronti ad accogliere piante e a mostrare un uso proprio di locali che prima ospitavano armi. In una bella sala congressi fa piacere vedere opere di Nivola provenienti dal Man, affascinante punto di riferimento di Arte nel centro della Barbagia. Trenini Dysneiani trasportano ragazzini vocianti. Un po’ Lucignoli e un po’ Pinocchi. Maestre stravolte radunano bambini che vogliono andare in bagno, avere acqua, mangiare cose ricche di calorie in eccesso. Ma tutti, prima o poi, toccano i libri. Lontano da ipod o da diavolerie tascabili che di utile sviluppano solo la prontezza delle dita in inseguimenti da formula 1 e che rimandano sempre alla dipendenza dalla Scatola Magica che introduce all’eterno Irreality Show di ogni giorno. Notizie predigerite che non si curano neppure di fare distinzione di lettere finali, N o Q, di una terra, un tempo vitale tra due fiumi, che ha segnato, con la ricerca di conoscenza di Abramo, l’inizio della nostra crescita. Tutto è iniziato con l’abbandonare il proprio paese, in modo nomade, alla ricerca di altre prospettive per meglio inquadrare se stessi. Naturalmente la parola nomade va usata con cura: va bene Bregovich se suona, a patto che non venga a fare confusione con la sua banda e con la sua certo numerosa e sicuramente non pulitissima famiglia. Immagini Contessa, vogliono i loro figli dottori.
Macomer ha l’aria leggera, la temperatura è molto più piacevole di 451 Fahreneit.
Libri al rogo per produrre fiamme che scaldino la mente e convincersi, tutti insieme, che è giusto mandare su per il camino quelli fuori dagli schemi, quelli che, in un modo o nell’altro, sembrano non rientrare nella riorganizzazione algida e purissima della specie. I Rom, per esempio.
La cultura deve immunizzarci da false credenze e ragionamenti dove i sillogismi dimostrano che è giusto nascondere o eliminare libri.
Noi sardi dovremmo essere abituati a facili catalogazioni. Con cadenza annuale, flaccidi rampolli di famiglie ricordate per l’unità di Italia o per Bava Beccaris, tra una fucilata e l’altra, sostengono che i sardi puzzano come capre. Piccoli giudici, molto lontani da Berlino, ridimensionano la gravità di uno stupro se fatto da inferiori, cioè da noi. Molti, con o senza calze autoreggenti, ci spiegano quanto sbagliamo nel mantenere una Giunta che si occupa di formazione, ricerca e cultura, e magari lo fa con orgoglio. I sardi devono essere tenuti a balia per continuare ad offrire spiagge e a far sognare nell’aprire bottiglie di mirto, amori lontani. Poi tutti al loro posto fino alla riapertura del Parco dei Divertimenti, e che tutto sia pulito, magari con un ascensore per Cala Luna. Chissà cosa avrebbe detto Emilio Lussu.
Un padiglione bianco, un misto di ospedale da campo e di banchetto per raccogliere fondi o firme, mi attrae per la discussione nello Spazio Autori. Vado a vedere che aspetto hanno inviati speciali di Repubblica, Teatranti e saggi dai capelli filosoficamente bianchi. Con diverse visioni della memoria stanno commentando il tragico periodo del 77. P38, eroina, brigate rosse, scemo, scemo. Oggetto Luciano Lama. C’è da leccarsi le ferite per anni. Mi sento un po’ a disagio perché gli Autori hanno cinquanta anni e io, invece mi sono laureato nel periodo del ridente e immaginario 68. Sono enormemente più vecchio, e sono d’accordo solo con Biffi nel difendere la decisione, completamente irrazionale, e quindi umana, di mantenere la speranza. Magari confortandola con l’impegno di ogni giorno. Altrimenti per mio nipote sarà dura.
Scienza e fantascienza è l’argomento sul quale dovrei intervenire. Non è chiaro se per l’una o per l’altra. Toccare la fantascienza è un po’ come parlare di fumetti. Warning, pericolo di essere annoverati tra gli indegni della cultura, figuriamoci della Fisica. La letteratura ha prodotto cose altissime nella cosiddetta fantascienza. Alice ci ricorda che è ancora facile, qui ed ora, avere la testa mozzata se si toccano le staminali o si cercano vergognose parentele con pelosi scimmioni. E gli scenziati non ci aiutano a dipanare l’ignoranza se Watson, che dio lo perdoni, sostiene, e la gente lo sente e magari crede che un Nobel sappia tutto, che Mandela è più ignorante di Calderoli.
Le tre Leggi della Robotica sono un bell’esercizio di intelligenza e Blade Runner ci mette il dubbio sul nostro essere umani, o magari non del tutto.
E poi basterebbe citare un altro numero: 1984 per meditare sulla manipolazione della storia.
La cena con gli Autori è interessantissima, soprattutto se devo leggere un raccontino di una supervegetariana avendo a tavola il sanguinaccio cotto alla moda del Marghine.
Bellissima esperienza. L’anno venturo leggeremo insieme un altro capitolo a Macomer.

Franco Meloni (fisico)

Microcosmo autosufficiente. Amalia Maria Amendola (Roma, 3 novembre 2007)

Sono contenta di come sia andata la presentazione del mio saggio L’isola che sorprende. La narrativa sarda in italiano (1974-2006), perché ha permesso che alla Fiera di Macomer prendessero parte al dibattito sulla letteratura sarda anche persone esterne – me compresa – al ristretto ambiente culturale isolano, troppo spesso autoreferenziale. E in fondo è proprio questo messaggio di apertura che il mio saggio vuole lanciare, dimostrando che il mondo accademico nazionale, Walter Pedullà in primis, si è interessato alla produzione letteraria isolana, in un momento sicuramente molto favorevole agli autori sardi che, da Salvatore Niffoi a Milena Agus, hanno riscosso un notevole successo, tanto in Italia quanto all’estero. Un’ulteriore conferma di questo bisogno per la Sardegna di sprovincializzarsi è venuto dalle critiche mosse dall’editore romano Daniele di Gennaro (Minimum Fax), che ha preso parte alla tavola rotonda I presidi del libro della Sardegna, inaugurati negli stessi giorni a Macomer: «Fuori dalla Sardegna gli autori sardi si leggono non in quanto sardi, ma perché, molto più semplicemente, sanno scrivere belle storie». Spero vivamente che questo dibattito iniziato a Macomer possa essere portato al di fuori della Sardegna, e magari proseguire alla Fiera della piccola e media editoria di Roma.
Per quanto mi riguarda, sicuramente questa esperienza mi ha dato molti spunti per continuare i miei studi sulla letteratura sarda che, paradossalmente, continua ad affascinarmi proprio per il suo essere una sorta di microcosmo autosufficiente, che si alimenta delle proprie tradizioni storiche, politiche, antropologiche, linguistiche e letterarie.
Amalia Maria Amendola, Roma, 3 novembre 2007

Cosa penso veramente (Michelina Borsari, 3 nov. 2007)

Il 31 ottobre 2007 L'Unione Sarda ha scritto che Michelina Borsari ha bocciato senza appello la formula della Mostra del libro di Macomer.
Le sue affermazioni hanno suscitato diverse reazioni. Io stesso ho scritto un articolo su L'Altra Voce.net. Oggi mi è arrivata questa precisazione dalla dott.ssa Borsari che, lungi dal confermare la bocciatura, esprime apprezzamento per l'iniziativa e muove delle critiche nei confronti di alcuni aspetti legati all'eccessiva insistenza sul tema dell'identittà. Critiche costruttive quindi che possiamo accogliere o respingere in tutto o in parte ma che comunque ci possono aiutare a precisare meglio i contenuti del nostro lavoro.
Mario Argiolas

Che cosa vuol dire "troppa Sardegna"?
«Esprime la sorpresa di trovarsi di fronte a una manifestazione costruita con dei confini di identità molto alti, quasi difensivi. Che rischia il localismo».
Concetto di identità da applicare ai giovani?
«È difficile che un ragazzo di vent'anni s'identifichi unicamente con la tradizione. Ha bisogno di essere connesso, di poter guardare oltre i confini. Di sentire l'orgoglio della sua terra anche perché è capace di attrarre chi viene da fuori. Consiglierei di far loro "mettere le mani in pasta". Perché se un programma troppo "localistico" alla fine non paga, paga invece il forte coinvolgimento della comunità locale con tutti i suoi attori, pubblici e privati, giovani e no ».
Che ne pensa della gestione degli spazi per gli autori?
«Le presentazioni con l'autore che parla del suo libro appena uscito sono dovunque in crisi. Cresce invece l'attenzione per il testo e la sua lettura diretta, ad alta voce. E' una tendenza positiva, di cui ci sono casi illustri anche in Sardegna, perché mette al centro il libro per il suo valore culturale. Si tratta sempre di un invito alla lettura,ma anche senza autore e ritorno commerciale immediato».
Altri punti deboli?
«La comunicazione visiva. La città potrebbe essere vestita a festa, con soluzioni che attirino l'attenzione. Vede questa piazza? (lo spazio tra i due padiglioni dell'Ex Caserma Mura ndr ), tranne il tendone per i bambini (e non c'è tenda che sia bella) è completamente spoglia. Su questo aspetto i giovani, che sanno maneggiare le nuove tecnologie, potrebbero fare molto. Ma il punto è sempre quello: puntare sul territorio come risorsa, coinvolgere ristoranti e albergatori in iniziative a tema, saldare le scuole all'evento, prestare attenzione ai trasporti per chi viene da fuori. E non dimenticare l'informazione: i media sono essenziali per il successo di un evento».
C'è dell'altro?
«Manca qualcosa di spumeggiante. Se mi passate il termine, mancano i nani e le ballerine. E lo dice una che si occupa dell'organizzazione di un festival dedicato alla filosofia. Tema che, un tempo, non godeva né di buona fama, né di buona stampa».
Un aspetto positivo?
«Più di uno. La grande professionalità degli organizzatori. La diffusa attenzione per la cultura come elemento di crescita civile e democratica. E poi il dialogo diretto e appassionato tra società e istituzioni. Il progetto regionale "la scuola adotta un libro" è formidabile».

venerdì 2 novembre 2007

Non c'ero. Ma apprezzo.

Non sono potuto andare alla Mostra. Da appassionato di letteratura, da aspirante giornalista e, soprattutto, da studente di Lettere mi sarebbe piaciuto sentire i dibattiti, vedere i vostri ottimi spazi espositivi, respirare questa bella "atmosfera culturale" che certamente avete creato. Purtroppo, mi sono dovuto limitare a seguire sull'Unione e la Nuova le notizie sulla manifestazione e i pareri degli addetti ai
lavori, ma anche e soprattutto dalla vostra rassegna stampa ho avuto del buon materiale. Non dico che è come esserci stato, ma se m'è venuta addirittura voglia di farci un post (e nel mio blog in genere parlo di tutt'altre cose) vuol dire che sono
interessato alla cosa. Senz'altro mi prometto di risparmiare soldi e tempo per la prossima edizione, cui cercherò di esser presente.
Matteo (2 novembre 2007)

I PROMOTORI

Sardegna CulturaI promotori della Settima Mostra del Libro in Sardegna:


I lettori al potere

cultnews.it Si è conclusa domenica sera la VII edizione della Mostra del libro in Sardegna.
A confrontarsi sul tema "Il futuro. Le parole e le idee per immaginarlo", c’erano tutti. Editori associati (riuniti dall’Aes), gli editori non associati, i librai indipendenti dell’Alsi. E poi scrittori sardi, una ventina, esperti nella produzione di eventi culturali come Pierluigi Sacco, editori della penisola di rilievo, quali Minimum fax e Fanucci. E, come tradizione vuole, le scuole, con tanti studenti. Alcuni dei quali, circa cinquecento, coinvolti in quella che è probabilmente l’iniziativa più importante della manifestazione: "La scuola adotta un libro", in cui gli allievi preparati precedentemente dai loro docenti alla conoscenza di alcune opere ne hanno discusso con gli autori, raccontando al pubblico, mai troppo numeroso, in verità, le loro esperienze di lettura e scrittura.
In questo evento, Mario Argiolas presidente dell’Aes, associazione editori sardi, vede la via maestra del futuro che ha dato titolo alla manifestazione.
"Non è più tempo delle lamentazioni sul fatto che i sardi leggono (e comprano) pochi libri. Bisogna creare nuove esperienze culturali di fascinazione che sollecitino alla lettura utilizzando linguaggi nuovi, anche 'contaminati', più vicini ai giovani ed a coloro che un libro non l’hanno proprio mai 'aperto'. Solo così si può creare un pubblico inedito, un pubblico di lettori di domani". Una implicita, non sappiamo quanto voluta, autocritica da parte del rappresentante di una categoria che sino a ieri, con poche eccezioni, pareva poter vivere essenzialmente dei contributi regionali della scellerata (perché condannata immediatamente dall’Unione Europea per aver infranto clamorosamente la disciplina degli Aiuti di stato) Legge 22 del 1998. L’anno prossimo si partirà da qui dunque, da una nuova formula che coinvolga gruppi di lettori il più possibili ampi, ai quali gli scrittori risponderanno, capovolgendo la formula che ha sempre visto protagonisti gli autori, in cattedra, di fronte ad un pubblico che spesso non ne conosce l’opera, rendendo spesso gli incontri una mera, sterile vetrina elitaria. Non vediamo l’ora che ciò accada davvero.
Enrico Martini www.cultnews.it (31 ottobre 2007)

Scegliere la qualità, privilegiare l’attenzione per la cultura (Roberto Serra)

Mi sono recato alla mostra del libro di Macomer per accompagnare due classi del Liceo “Baudi di Vesme” di Iglesias, presso il quale svolgo la mia attività di insegnante. È stata per gli alunni una esperienza altamente formativa, non solo per la lettura e la discussione del libro adottato, attività svolte presso la sede scolastica, ma per il fatto che gli studenti hanno avuto altresì la possibilità di incontrare ed essere partecipi della complessità e dell’interesse che la produzione editoriale in Sardegna riesce a suscitare, e ancora prendere parte attivamente ad un dibattito pubblico che è stato innanzitutto vissuto come promozione della loro personalità. Quali altre occasioni possono avere gli studenti per leggere, confrontarsi e maturare esperienze così significative? Dibattiti, autori, libri, concerti, teatro mentre tutta la cittadina veniva invasa dall’oggetto libro che intanto acquistava la forma gioiosa di potente strumento anche per la crescita economica oltre che civile di tutta intera una comunità.
Sulla scorta di tali suggestioni, riaccompagnate le classi, sono subito ritornato a Macomer, richiamato propriamente dal libro e dal senso che il largo confronto sviluppatosi sui diversi temi dell’editoria, di internet, dell’identità, della costruzione di un’economia fondata sulla cultura acquisiva ai miei occhi come insostituibile strumento di crescita civile, di riflessione intorno ad alcuni nodi problematici che catalizzano attualmente il dibattito intorno alla produzione culturale in Sardegna. Come proponeva il prof. Pierluigi Sacco, che nel corso di una conferenza rinveniva in Sardegna delle forti potenzialità per la costruzione di una economia della cultura, si tratterebbe appunto di lavorare in vista della promozione di quelle competenze alla lettura, alla fruizione della cultura che ci mettono in grado di accedere adeguatamente ad oggetti intellettualmente complessi quali sono i libri, proprio attraverso il lavoro nelle scuole e con le biblioteche dei piccoli centri che consentano di cogliere e dunque tutelare la qualità nella produzione e nella fruizione della cultura. Una possibilità che l’iniziativa dell’Aes, dell’ALSI e dell’Associazione Verbavoglio indubbiamente ha favorito e reso concreta in quel laboratorio di idee che è stata l’ultima mostra del libro. Così risultavano funzionali a questo intento inespresso, ma pienamente articolato nel corso della mostra, le diverse iniziative che si svolgevano anche al di fuori dei padiglioni della ex caserma Mura dove aveva sede la mostra, nelle librerie dunque, nelle cene con gli autori, le vetrine addobbate con i libri, gli spettacoli in piazza, la banda musicale che sfilava e la lettura di poesie nelle vie del paese. Qualcosa di molto diverso dalla pretesa della imposizione di un format, gia strutturato, semplicemente imposto al paese ospitante e che non potrebbe attuarsi se non con prospettive omologanti e al più folkloriche, come sembrava trapelare dall’intervento della prof.ssa Michelina Borsari, che in una successiva intervista, rilasciata all’Unione Sarda, tra le carenze rilevate pareva proprio sottolineare l’assenza dalla mostra di quegli elementi “scoppiettanti” che fungerebbero da maggior richiamo, proprio quelli deliberatamente tralasciati dagli organizzatori, e che forse potrebbero anche richiamare un più numeroso pubblico, ma a detrimento della qualità, dell’intelligenza nella fruizione, se è vero quanto affermato nel corso della stessa conferenza dal prof. Sacco, ossia la necessità di evitare, nella creazione di un’economia fondata sull’immateriale, proprio il customer orientation, pena, aggiungiamo noi, una sorta di decadenza televisiva alla ricerca di audience, con effetti speciali e fuochi d’artificio, chissà magari ancora atti a risolvere in certe forme di esotismo le possibilità della produzione letteraria sarda.
Pure sono innegabili significative opere che si vanno affermando al di là di questo gioco, con una precisa consapevolezza della complessità della questione identitaria che tanto è vitale quanto più è disposta ad ibridarsi con altre complessità, o al più tutelata in un luogo inaccessibile, negandosi ad ogni rappresentazione che intenderebbe identificarla, una sorta di chora semiotica, come è giusto che sia, chiamata a svolgere la funzione di muto richiamo per nuove produzioni di senso nel complesso di memoria e futuro. E perché la nostra condizione originaria è sempre quella dell’esilio, e perché la radice o l’ “ancora” di quella condizione si sottrae ad ogni forma di rappresentazione, e acquista forme di luogo utopico, ecco che siamo chiamati a dire e a scrivere, a parlare e ad interrogarci sulla nostra origine, sull’identità.
Si va via certo molto più ricchi da Macomer. Scorrendo lungo la 131 ancora ritorna con nostalgia la maggiore vicinanza del libro, la eco dei molteplici temi di dibattito che l’Aes e gli altri organizzatori hanno predisposto, così come gli incontri, talvolta anche casuali, con amici e scrittori.
La diversificata offerta e la disponibilità al confronto aprono ulteriori scenari per il dibattito culturale in Sardegna, mentre si va precisando la necessità di un decentramento delle iniziative culturali. Forse questa mostra del libro dovrebbe proporsi con un’articolazione più strutturata nel corso dell’intero anno, nei diversi paesi della Sardegna e attraverso diverse iniziative, rafforzando una più adeguata strategia di comunicazione, anche sottolineando il suo essere davvero presidio di lettura, ovvero di crescita civile, magari coinvolgendo ancora con più decisione le scuole per una civiltà delle idee e della parola.

Mostra del Libro, cultura e buoni affari

Macomer. Ancora una volta la rassegna è stata una boccata d'ossigeno per l'economia
Mostra del Libro, cultura e buoni affari
Unico lato negativo i problemi pratici della Notte bianca

Commercianti soddisfatti anche se sembra esserci stato un calo di presenze rispetto agli anni scorsi.
Se alle Caserme Mura si è misurata la ricaduta in termini culturali della settima Mostra regionale del libro, per le vie della città, a pochi giorni dalla chiusura della rassegna, si valuta l'impatto economico dei flussi di visitatori attratti da libri, dibattiti, reading e spettacoli imperniati sul mondo della scrittura. I pareri sono contrastanti: alcuni non hanno dubbi sul fatto che si sia trattato di un boom di numeri, guadagni e prospettive di crescita, altri addebitano a meccanismi organizzativi ancora da oliare un esito solo parzialmente positivo.
LE ASSOCIAZIONI Caterina Fozzi, presidente della sezione Ascom di Macomer, è certa che la manifestazione abbia rappresentato un'occasione importante per i suoi associati e che possa rappresentare un evento su cui ciascun imprenditore debba investire con fiducia: «La mia opinione è assolutamente favorevole, anche perché da imprenditrice, oltre che da rappresentante di un'associazione di categoria, ho potuto toccare con mano un ritorno immediato. La mia azienda, che opera nel settore della panificazione, ha triplicato le vendite per via delle richieste pressanti di bar e ristoranti che dovevano rispondere a un numero di avventori più consistente». Le critiche? «Ben vengano se non sono fini a se stesse - puntualizza Fozzi - e se formulate per il bene della comunità: la Notte bianca avrebbe certamente richiesto una pubblicità più ampia e non avrebbe guastato poter contare su accompagnatori capaci di illustrare un itinerario possibile tra proposte "profane" e culturali».
BAR & RISTORANTI Tavolini, salotti e banconi hanno beneficiato dell'effetto mostra? «Rispetto allo scorso anno - dicono al ristorante "Da Gigi", nel centro storico - ci pare di aver colto un calo di visitatori. Per quel che ci riguarda, essendo stati teatro delle iniziative dell'Aes, abbiamo lavorato bene. Però, rispetto all'edizione passata, non abbiamo avuto i turisti abitualmente richiamati in città dalla Mostra del libro. Riteniamo che ciò sia dovuto a un ritardo nella pubblicazione di brochure e materiale informativo che lo scorso anno, con un certo anticipo rispetto al taglio del nastro, ha raggiunto anche gli aeroporti isolani». Piena soddisfazione invece al "Bar Cubo". Antonio e Stefania, giovani gestori, descrivono «un'atmosfera suggestiva», capace di far assaporare anche a Macomer i vezzi delle grandi città, dove gli incontri con gli autori, tra bevande e menù, sono consuetudine: «Nel dare la nostra disponibilità per gli appuntamenti con gli scrittori non abbiamo puntato sull'incasso, ma su un'iniziativa che potrebbe rivelarsi preziosa».
LA LIBRERIA Luciana Uda, titolare della Libreria del Corso e animatrice dell'associazione culturale Verbavoglio, gode di un osservatorio privilegiato sulla Mostra del libro. Il sodalizio, nato per promuovere la lettura, quest'anno è stato coinvolto nella manifestazione come organizzatore: «La valutazione della Mostra è certamente positiva. Nella rassegna, infatti, abbiamo potuto scorgere anche lettori che normalmente non entrano in libreria e che, approfittando dell'informalità dell'ambiente, acquistano libri. Se ci si deve soffermare sull'analisi degli eventi di contorno alla manifestazione e in particolare della Notte bianca, rimangono molti aspetti organizzativi da rifinire, così che la festa di piazza si coniughi meglio con gli spazi culturali. Dal punto di vista logistico, per esempio, gruppi di commercianti potrebbero gestire salotti per il confronto con gli autori». A fronte di una tradizione consolidata e di una Mostra che ha ormai acquistato uno spazio di rilievo nel panorama culturale regionale, molto ancora resta da fare sul piano della promozione, dell'accoglienza e di una piena ed efficiente sinergia tra i tanti attori dell'evento.
RISVOLTI NEGATIVI Se nella cornice delle ex Caserme Mura l'impianto, ormai collaudato, ha retto all'impatto col pubblico, promettendo margini di crescita e potenziamento, la Notte bianca ha mostrato alcuni punti di cedimento. Rumori assordanti e contrastanti, la sovrapposizione di eventi e la mancanza di guide e mappe, ha disorientato soprattutto coloro che avevano pensato ad una manifestazione imperniata sulla cultura. Ad evidenziare i limiti dell'organizzazione è la scrittrice Neria De Giovanni che, accompagnata da sei tra i più grandi esponenti della poesia sarda, è stata inconsapevolmente proiettata in una selva di rumori, tra organetti, passanti frettolosi e spazi non predisposti per un incontro di natura culturale: la lettura delle poesie contenute nel libro "Sardegna, l'isola e la poesia", pubblicato quest'anno dalle edizioni Nemapress. Gli appelli al Comune, organizzatore dell'incontro, e gli sforzi degli esercenti che hanno messo a disposizione sedie e tavolini, non hanno consentito ai versi di superare le barriere del caos notturno. «Mi spiace - dice l'autrice - che il pubblico non abbia potuto apprezzare il valore di un progetto culturale che, patrocinato dal Presidente della Repubblica e riconosciuto anche a livello nazionale, consente a ciascun poeta di utilizzare la sua variante linguistica. Preferisco pensare - sottolinea l'autrice - si sia trattato di un disguido di carattere organizzativo tra l'Aes, l'associazione degli editori sardi con la quale erano intercorsi i contatti, e il Comune».
MANUELA ARCA

02/11/2007

mercoledì 31 ottobre 2007

Macomer. La mostra del libro e l'ossessione dell'identità (Blog: il cannocchiale)

Si è conclusa questa settimana, la Mostra del Libro di Macomer, giunta alla settima edizione. I media locali, dalle radio ai giornali, hanno seguito con interesse l’iniziativa, raccontata poi da un blog ufficiale. In questo blog, appunto, sono disponibili le rassegne stampa (con gli articoli tratti dai quotidiani sardi) dell’iniziativa, commenti agli incontri previsti dalla manifestazione, informazioni di vario genere sull’evento.
Sull’Unione Sarda di ieri, in particolare, un articolo a firma di Emiliano Farina, inviato sul luogo, metteva in evidenza il problema della "ossessione" per la sardità. Le diverse tesi proposte nell’articolo, pubblicato nella pagina della cultura del quotidiano cagliaritano, si muove dall’assunto che l’identità sarda sia diventata quasi un obbligo per chi vuol fare letteratura.
Il libro. "Cartas de Logu: scrittori sardi allo specchio" è il titolo di un volume di opinioni, raccolte e curate da Giulio Angioni, sull’identità e l’attaccamento alla terra natia negli scrittori isolani. Le diverse opinioni espresse, inoltre, vedono alcuni scrittori sbottare contro l’eccessiva pressione, anche da parte egli editori (che “fanno a gara per avere uno scrittore sardo in catalogo”, s’è detto alla presentazione del volume), sugli scrittori a scrivere in sardo o di sardo, di Sardegna, di Sardi. L’accenno all’eccesso di identità, e al fatto che lo stesso mercato ci si sia fatto assorbire, è fondamentale per mettere in discussione un altro punto: a quanto serve rivendicare questa identità nei libri, negli incontri ad essi legati, e poi limitarsi a tutto ciò? Il segnale che parte dalla Mostra di Macomer, ma anche da tanti altri appuntamenti culturali, non riesce, questa è l’impressione guardandoci attorno, a penetrare la società, a rendere centrale la sardità nel cittadino medio.
Critica e riflessione. Simonetta Sanna, in un dibattito nella presentazione di Cartas de Logu e con un intervento sulla Nuova Sardegna, ha sviluppato appunto questa critica, individuando in ferite e traumi le cause di questo bisogno così forte di identità. Nell’articolo pubblicato sul giornale sassarese, la filologa chiarisce che “Nel mondo globale, in sostanza, c’è spazio anche per il prodotto-Sardegna, al di là del valore delle singole opere che, nel tempo e attraverso il confronto, sapranno farsi strada da sé”. Il mercato quindi, contamina e si fa contaminare dalla Sardegna come prodotto, e non solo nel turismo da spiaggia.
Due fronti, due eserciti. E’ chiaro che, nell’ambiente letterario isolano, in particolare nei festival (che in Italia sono diventati uno dei culti più importanti con cui gli amministratori si regalano visibilità), la Sardegna sta godendo quasi di una situazione di monopolio. Fa bene Michelina Borsari, direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena, a dire sull’Unione di oggi che si rischia una “manifestazione chiusa e destinata soltanto alla comunità locale. E il localismo va evitato”. La segnalazione di un addetto ai lavori “continentale” non va certo vista come un disprezzo verso la tradizione e l’identità, ma va discussa, evitando posizioni da manichei. Purtroppo, sembrano essersi formati due schieramenti, come nel caso del dibattito sulla Limba Sarda Comuna (LSC): da una parte i difensori integralisti dell’identità, non certo indipendentisti ma capaci anche di fare un mito della nostra tradizione, e dall’altra, fors’anche con un po’ di snobismo elitario, i difensori dell’italianità, quelli che hanno la nausea di fronte a tanta autocelebrazione.
In medio stat virtus. E’ una frase fatta, ma racchiude una soluzione: la ricerca dell’identità, dalle cose più banali (una bandiera dei quattro mori su un blog) ai testi più impegnati, deve essere uno dei temi, non il tema. Innanzi tutto perché un popolo, per sentirsi tale, deve inquadrarsi anche in altri versanti oltre quello identitario: quello sociale, musicale, politico per esempio. La storia della Sardegna, per esempio, dovrebbe alternare l’esaltazione e l’approfondimento dei momenti in cui l’orgoglio dell’isola è stato difeso con forza e valore a quello dei processi politici più normali, più italiani. In tal senso, nelle università si sta già facendo tanto, con l’istituzione di Corsi di Laurea, esami e approfondimenti dedicati alla cultura e la storia sarda. Tuttavia, a livello culturale, la centralità dell’Europa e della letteratura italiana non deve perdere d’attualità.
Da Ales ad Aosta - Il fatto che il Gramsci, che tanto quest’anno s’è celebrato (e se a farlo sono ricercatori e docenti che ci hanno dedicato un’intera carriera, senz’altro la cosa è importante), e la Deledda (uno dei pochi premi nobel italiani per la letteratura) usassero in maniera divina la lingua di Manzoni va messo sempre in primo piano. Poi c’è la letteratura in limba (lingua sarda), quella antica e quella attuale delle gare poetiche, ma il tutto non dovrebbe diventare un’ossessione, altrimenti culturalmente e socialmente si rischia davvero la chiusura.
Il punto di incontro fra le due letterature, sarda e italiana, sta nel fatto che la prima, perché per noi l’italiano è lingua materna, appartiene alla seconda, ma le sfugge continuamente, cerca di agitarsi, di mostrarsi e farsi vedere: niente di più giusto, nobile e pregevole, a patto che a scrittori e artisti il mercato lasci la possibilità di scegliere quali temi trattare, così che questa sardità sia vista per quello che è e non come un obbligo tematico dell’industria culturale.

Blog Il Cannocchiale, 30 ottobre 2007

martedì 30 ottobre 2007

Macomer: importante impulso alla promozione culturale

Intervento di Luigi Muroni
Assessore alla Cultura
Comune di Macomer
La Mostra regionale del libro non è solo un importante momento di promozione alla lettura e dell’editoria sarda ma deve porre le basi perché alcune delle attività proposte all’interno della rassegna possano avere continuità nel corso dell’intero anno. In particolare la promozione alla lettura all’interno delle scuole, con dibattiti e confronti con gli autori, non può essere limitata al solo periodo antecedente alla Mostra. Riteniamo, inoltre, che un forte strumento per avvicinare le fasce più critiche alla lettura sia quello di introdurre, all’interno delle classi, il “laboratorio del fumetto”.
La Mostra del Libro è anche un momento di conoscenza, che può essere ulteriormente approfondito, della lingua, delle tradizioni popolari, del canto e della danza della Sardegna, nonché occasione importante per far emergere i lavori di ricerca portati avanti dalle Associazioni culturali. Nella fattispecie a Macomer esistono Associazioni che svolgono ricerche sociali che sono, nel contempo, momenti culturali importanti.
Il blog, appositamente allestito per la Mostra del Libro, oltre che essere un momento di discussione virtuale sui contenuti della mostra, durante tutto il corso dell’anno può essere un formidabile strumento di confronto fra i ragazzi di tutte le scuole della Sardegna per dibattere, raccontare impressioni, confrontarsi sui tesi letti e discussi in classe.
Appare importante anche sottolineare il fatto che la Mostra del Libro concorre a gettare le basi per un confronto durevole fra editori, librai e biblioteche: da tale confronto non può che scaturire un importante impulso alla promozione culturale, alla produzione libraria e alla lettura.
Altro elemento, per Macomer e la Sardegna centrale, da non sottovalutare è il fatto che la Mostra del Libro in Sardegna rappresenta anche un momento importante di ricaduta economica per il settore alberghiero, della ristorazione e dei Pubblici esercizi in generale.

Luigi Muroni
Assessore alla Cultura
Comune di Macomer

Un segno di grande vitalità (Aldo Addis)

Intervento di Aldo Addis (Associazione Librai Sardi Indipendenti) alla tavola rotonda su “Da Gutenberg a Internet: la promozione del libro e della lettura”
Macomer, 27 ottobre

La fiera di Macomer è il momento per fare il punto sullo stato del mondo del libro sardo. Sottolineo ”mondo del libro” per sgombrare da subito il campo da un equivoco: l’editoria sarda non sono solo gli editori, pur indispensabili ovviamente, né si può rappresentare questo mondo solo parlando degli scrittori attualmente in auge in campo nazionale e all’estero.
Quando si parla di libri, e soprattutto di promozione della lettura, è indispensabile chiarire un fatto: non esisterebbe la cosiddetta “nouvelle vague” sarda, non ci sarebbe il fenomeno tutto isolano di un’editoria così prolifica senza il lavoro di promozione sul territorio svolto dai librai, dai bibliotecari, da tanti insegnanti appassionati.
Ecco perché oggi mi preme dare conto di un lavoro comune che librai ed editori stanno portando avanti per promuovere iniziative e sensibilizzare le istituzioni in favore della promozione del libro sardo.
Fatti concreti, come l’iniziativa del “libro sardo in vetrina”, nel corso del quale l’editore di turno ha potuto esporre in vetrina i propri libri, far conoscere i cataloghi e gli autori attraverso decine di iniziative promosse in tanti paesi e città sarde. Ed un fatto concreto è anche la collaborazione nella progettazione e nella realizzazione del programma di Macomer, oggi sicuramente accattivante ed interessante sia per gli addetti ai lavori che per i lettori.
Fondamentale è anche riconoscere il mondo della scuola come il fulcro su cui far convergere ogni sforzo di promozione della lettura. Se vogliamo creare nuovi lettori non possiamo che farlo investendo sulla scuola, non lasciando a pochi insegnanti illuminati l’ingrato compito di farsi carico di un lavoro gratificante ma faticosissimo, ma dando loro risorse, supporti informativi e idee per promuovere iniziative e dotare le scuole di libri e di biblioteche attrezzate.
In quest’ottica va letta la recente delibera della giunta regionale che stanzia 500.000 euro per l’acquisto di libri sardi da parte di biblioteche scolastiche.
Anche questo è un fatto concreto, e si deve al paziente lavoro di Mario Argiolas e del direttivo dell’AES l’aver convinto gli editori che la stagione dell’editoria assistita era definitivamente chiusa e si doveva intraprendere la strada della qualità, dell’eccellenza, della promozione, del “fare sistema” come ha dichiarato oggi il presidente dell’AES, assieme a tutti gli attori della filiera.
E questa collaborazione continuerà a novembre con la promozione di ILISSO nelle librerie e con un mese di dicembre che vedrà coinvolti tutti gli editori, gli scrittori e le librerie sarde in iniziative e promozioni del “Libro sardo per Natale”.
Ho parlato di fatti concreti, perché il rischio di questi convegni è che si parli di idee, proposte e intenti nobili, ma non si riesca mai a finalizzarli in progetti concreti. Termino ritornando al tema di questa 7ma edizione: il futuro.
Se devo usare uno schema per descrivere quello che auspico avvenga nel mondo dei libri in Sardegna mi vorrei rifare ai principi che hanno ispirato la delibera di giunta appena ricordata: vengono premiate le biblioteche scolastiche che risponderanno a criteri di qualità e di servizio adeguati; gli stessi editori e scrittori sono sottoposti ad un esame da parte di bibliotecari e lettori che dovranno scegliere per gli acquisti. Inoltre le librerie che vorranno concorrere alle forniture lo faranno con una serie di servizi e di collaborazioni e non più in base a sconti e ribassi.
Spero che questo sia il primo passo verso un futuro in cui vengono premiate le eccellenze, in cui si parli sempre più di investimenti e non di assistenza, di aiuti per l’innovazione e non di contributi a pioggia, di promozione e di vendita di libri e non del loro stoccaggio in magazzini pubblici.
Che si diano risorse a chi effettivamente lavora per promuovere e diffondere il libro sardo, e lo fa ogni giorno in tanti posti dell’isola e in tanti modi diversi, nessuno a priori migliore di un altro.
Che siano festival o mostre, fiere o forum, convegni o premi letterari, letture o reading musicali; questa varietà di iniziative è secondo noi un segno di grande vitalità. I librai sardi lavorano da sempre in questa direzione: lasciamoci alle spalle polemiche e contrapposizioni sterili e lavoriamo per dare al libro sardo e alla lettura in Sardegna nuove opportunità e sempre maggiore diffusione.

Eventi incommensurabili (Alberto)

Mi ha lasciato molto perplesso la presa di posizione di Michelina Borsari sulla formula della mostra di Macomer e la bocciatura, quasi completa, dell'edizione cui lei ha partecipato.
In primo luogo perché mi sembra difficile, anche per una esperta del suo calibro, valutare il funzionamento di una manifestazione culturale in una mezza giornata.
Tra l'altro proprio domenica mattina la Borsari ha assistito al dibattito con Pier Luigi Sacco e Maria Antonietta Mongiu, che sicuramente non può essere tacciato di localismo.
Senza tentare di confutarne le posizioni, mi permetto di sottolineare che osservare la mostra di macomer con le lenti del festival di Modena sia un'operazione inutile, prima che sbagliata.
Mi era sembrato, ma probabilmente ho capito male, che nel suo intervento di domenica la Borsari dicesse cose diverse sugli eventi culturali nei piccoli centri.

Alberto

Piazza spoglia?

Nelle due immagini (rispettivamente di Giacomo Mameli e Paolo Lusci) sono visibili l'orribile tendone e la piazza terribilmente spoglia descritti da
Michelina Borsari.
A proposito di questo intervento, mi permetto una riflessione sul concetto stesso di locale, soprattutto se usato come alternativa semantica, di stampo buonista, alla vecchia parola, snob e politicamente scorretta, provinciale.
La provincialità, lungi dall'essere un dato oggettivo, consiste fondamentalmente nell'imbarazzo di essere altro, una sorta di complesso che spinge all'omologazione. La Borsari, nell'intervista, si mostra eccessivamente introiettata nel proprio microcosmo ed infatti non coglie affatto che questo tipo di imbarazzo a Macomer non c'era. C'erano libri sardi, ma perché, è evidente a tutti, i libri sardi hanno qualcosa di diverso da dire a tutto il mondo, non solo ai sardi stessi.
Forse, semplicemente, i sardi sanno essere altro, senza rincorrere modelli omologanti, tantomeno quelli radical chic e, in virtù di questa dote, amano e apprezzano qualunque forma di diversità, si pongono in ascolto.
Il senso di grandeur incarnato nelle idee della Borsari è il chiaro segno di dove abiti la provincialità e del sentiero che la Sardegna, nel suo percorso culturale, non dovrebbe mai seguire.
Insomma, non si può pretendere che la cantina di Santadi impari a fare il Terre Brune nelle aziende di Zonin... A ciascuno il suo!

«Troppa Sardegna», anatema per crescere

Emiliano Farina
L'Unione Sarda 30/10/2007
Macomer. Trasformare un pregio come la voglia di dialogo in una zappata sui piedi. Mario Argiolas, patron della Mostra del Libro, ha simbolicamente consegnato le chiavi della settima edizione della rassegna di Macomer. E anticipa la risposta a una domanda che si aspettava da giorni. «Sì, certo, invitiamo soprattutto autori e relatori che non la pensano come noi. È la nostra filosofia». Tra quegli ospiti, ce n'è uno in particolare che dopo un intervento su come si organizza un festival di letteratura, boccia l'impianto di quello di Macomer: «Troppa Sardegna». Parola di Michelina Borsari, direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena, organizzatrice del secondo più importante (il primo è quello di Mantova) tra i mille nazionali che ogni anno invitano alla letteratura: il Festival della Filosofia di Modena.
Che vuol dire “troppa Sardegna”?
«Significa trovarsi di fronte a una manifestazione chiusa e destinata soltanto alla comunità locale. E il localismo va evitato».
Concetto di identità da applicare ai giovani?
«È difficile che un ragazzo di vent'anni s'identifichi con la tradizione. Ha bisogno di altre cose, di poter guardare lontano. Noi non lavoriamo per i giovani ma con i giovani. Così come non si dovrebbe lavorare per i sardi ma con i sardi».
Che ne pensa della gestione degli spazi per gli autori?
«Le presentazioni sono commerciali e dunque morte da tempo. È fondamentale la centralità del testo rispetto a editori e autori. Mettere lo scrittore al centro dell'attenzione è sbagliato: al visitatore interessa ciò che scrive, non la sua persona».
Altri punti deboli?
«La comunicazione. La città deve essere vestita a festa con soluzioni che attirino l'attenzione. Vede questa piazza? (lo spazio tra i due padiglioni dell'Ex Caserma Mura ndr ), tranne l'orribile tendone per i bambini è completamente spoglia. Per attirare i ragazzi bisogna puntare molto su Internet e sulle tecnologie visive. E ancora, dare un'informazione completa ai giornalisti, mettersi d'accordo con ristoratori e albergatori per creare iniziative a tema. Se non si fanno queste cose poi non ci si può lamentare che l'economia cittadina non gira. La conseguenza di una comunicazione assente o difettosa è terribile: l'elitarismo».
C'è dell'altro?
«Manca qualcosa di spumeggiante. Se mi passate il termine, mancano i nani e le ballerine. E lo dice una che si occupa dell'organizzazione di un festival dedicato alla filosofia. Tema che, un tempo, non godeva né di buona fama, né di buona stampa».
Un aspetto positivo?
«La grande attenzione per la cultura e il dialogo tra società e istituzioni. Il progetto “la scuola adotta un libro sardo” è formidabile».
***
Uno dei punti deboli del programma sono state le attività collaterali. Tra queste la musica, spesso snobbata. «Per stimolare i giovani bisognerebbe spostare i concerti più al centro tenendo conto degli orari dei giovani», ammette Argiolas. Così come ammette difficoltà organizzative e una comunicazione partita troppo in ritardo. «Certo, i problemi sono tanti e dobbiamo migliorare, ma per farlo abbiamo bisogno di un'offerta ricettiva più attiva e di più collaborazione da parte della città. Se dovessi fare un bilancio globale, dico che quest'anno siamo riusciti a consolidare una formula». In questa edizione i libri esposti sono stati un migliaio in meno rispetto alle precedenti. «È stata una nostra scelta: oggi sono i singoli editori a curare la propria esposizione. Piuttosto non mi sarei aspettato che rispondessero così numerosi: 34».
Troppa Sardegna?
«Se l'identità è vista come ideologia diventa una prigione. Se vista come confronto è un'opportunità».
Sicuramente il turismo culturale cresce più con le zappate sui piedi che con sedicenti successi da sbandierare ai quattro venti.

Le ferite e i traumi irrisolti che generano il bisogno d’identità

Le ferite e i traumi irrisolti che generano il bisogno d’identità
Simonetta Sanna, La Nuova Sardegna, 30 ottobre 2007
Domenica scorsa, alla settima «Mostra del libro in Sardegna», a Macomer, ho partecipato alla presentazione di «Cartas de logu. Scrittori sardi allo specchio» (Cuec Editrice), a cura di Giulio Angioni, libro che raccoglie le riflessioni di quarantadue scrittori sardi sul tema dell’identità. Un tema, l’identità sarda, non solo al centro del dibattito culturale, ma che si riverbera sulla stessa attualità politica, muovendo a raccolta anche le giovani generazioni, per le quali s’intreccia con tematiche ambientaliste e della solidarietà. Ma quali prospettive questo tema apre sul futuro e quali sono le parole e le idee che possono prefigurarlo? [...]
I quarantadue contributi di riflessione degli «scrittori allo specchio» in «Cartas de logu» mi sembrano significativi al punto da essere specchio dell’isola: in alcuni testi la coscienza identitaria continua ad essere avvalorata dalla natura isolana o dagli antichi codici della convivenza collettiva; altri ne individuano le fratture e i traumi irrisolti, nonché gli alti costi individuali e sociali che questi comportano; altri ancora articolano, infine, un netto rifiuto del discorso identitario. Proprio oggi, però, questo netto rifiuto parrebbe contraddetto dal fatto che paesi e mondi lontani sembrano riconoscere la nostra specificità, mentre la nostra letteratura è oggetto di un riconoscimento nazionale e internazionale.
Ecco, io sospetto che questo «riconoscimento» sia legato alla funzione che il «caso Sardegna» svolge in rapporto a queste realtà distanti: quella di rappresentare l’altro da sé, di articolare anche per loro il sogno di una modernità risanata, che annulli l’opposizione fra tempo circolare della natura e tempo lineare della storia, per dare voce al sogno inattingibile di un individuo pacificato con se stesso perché inserito organicamente nella comunità umana cui appartiene e nella natura. Ritengo, insomma, che la letteratura sarda contemporanea continui ad assolvere una funzione «sostitutiva», inserendosi in quella nicchia di mercato riservata qualche anno fa al realismo magico latinoamericano. Nel mondo globale, in sostanza, c’è spazio anche per il prodotto-Sardegna, al di là del valore delle singole opere che, nel tempo e attraverso il confronto, sapranno farsi strada da sé.
In una prospettiva interna all’isola, invece, il discorso identitario risulta a mio parere perdente. Iscritto come è nel cerchio di rispecchiamento/riconoscimento, rappresenta se non una «forma di eutanasia», come ritiene Marcello Fois, quanto meno una forma di mistificazione, come sostiene Salvatore Mannuzzu. Ma guardiamoci intorno: le condizioni oggettive di cui parla Aldo Accardo, in «L’isola della rinascita» (1998) sono forse mutate, la debolezza costitutiva della borghesia sarda, dagli imprenditori agli intellettuali, è forse superata? I primi continuano a fare affidamento sugli incentivi pubblici, amministrati da una classe politica nuova e vecchia che si riconosce ancora nello scambio fra consenso e distribuzione della spesa pubblica, mentre gli intellettuali o la stessa società civile risultano indeboliti nella loro essenziale funzione di valutazione critica dall’uso clientelare del potere anche in rapporto con le competenze e i saperi.
Sul piano più generale, invece, la dissonanza fra la recente sentenza del giudice tedesco, che ci vede come noi stessi spesso ci rappresentiamo, e la pur meritevole nuova «Grande enciclopedia della Sardegna» - che «sintetizza ogni elemento di qualche importanza che caratterizza l’universo regionale», perdendo talora di vista il nesso fra il particolare e la valenza universale e dunque finendo per rafforzare non l’identità, ma la trama del «romanzo familiare regionale» - è meno grande di quanto non sembri. Per quanto le nostre ferite collettive ci rendano unici e diversi, neppure noi possiamo sottrarci alle dinamiche delle moderne società di massa, che risultano tanto più virulente quanto meno sono riconosciute come tali. E’ Freud a insegnarci, in «Psicologia delle masse», come sia soprattutto una società «traumatizzata» ad avere bisogno di leader che sollecitino le sue paure e le sue ansie di riscatto. Se però la società non si emancipa da tali dinamiche, rimanendone prigioniera, allora non solo non se ne avvantaggia, ma regredisce ad una condizione infantile. Pertanto, quale futuro si prepara a quest’isola che finalizza agli scopi di una politica identitaria post-moderna schemi e stilemi identitari premoderni, sfiorando talora situazioni di vera e propria psicosi collettiva, mentre continua la sua marcia verso la (post)modernità? Sono dinamiche che andrebbero disinnescate col contributo attivo soprattutto degli intellettuali critici, ma su cui chiunque abbia a cuore il futuro della nostra isola deve meditare.
Personalmente ritengo che il futuro e le parole e le idee per immaginarlo non procedano dall’isola e dalla sua coscienza identitaria, ma dal confronto con l’Europa, con la cultura garantista e democratica dell’Europa moderna, con la sua politica della regolamentazione capace di produrre una logica unitaria volta ad introdurre più equità e giustizia sociale e regole più trasparenti, insomma, nuove buone pratiche fondate sul merito, con la rispettiva cultura della responsabilità sociale e della valutazione. Dall’Europa e dalla stessa globalizzazione, vale a dire dagli anticorpi che questa sta generando in ambito planetario, da cui - se tutto va bene - conseguirà una ragionevole tutela di ogni particolare proprio perché se la «realtà» coincide con le sue rappresentazioni, questa sarà tanto più ricca, articolata e vitale, quanto più saremo in grado di salvaguardare le differenze, sulla base di una «pacata consapevolezza della forza interiore» e quindi di ogni «assenza di ostilità» (Giuseppe Marci in «Cartas de logu»).
Europa e globalizzazione potranno altresì rappresentare quella grande cornice di riferimento entro cui ripensare le idee e le parole che definiscono la nostra identità, consentendo di passare da un’ideologia fondata su radici (le tradizioni, il sangue e le generazioni passate: il tempo) e terra (lo spazio vitale), che ci ancora nel tempo e nello spazio, a nuove immagini, più adatte all’universo fluido in cui operiamo, come ad esempio l’àncora stessa suggerita da Zygmut Bauman: se le radici predeterminano la struttura della pianta futura, nonché la vita, se alimentate, o la morte, se recise, l’àncora può essere issata e gettata, mentre i porti cui la nave della vita attracca ben rappresentano l’intreccio di continuità e discontinuità che ci costituisce, favorendo così quella nuova percezione individuale e collettiva, capace di generare una «pacata consapevolezza» e un’«assenza di ostilità» nel confronto con i propri simili e con i diversi.
Gli intellettuali che, anche in Sardegna, osserveranno fedeltà alla loro funzione critica, senza farsi irretire nelle reti del dare ed avere, nelle forme distorte di «riconoscimento», potranno contribuire a questo necessario cambiamento, anticipando il futuro nell’oggi e nutrendo fattivamente la speranza di una modernizzazione del «sistema Sardegna», di una modernità risanata nel dialogo con le altre culture e insieme a partire dalla valorizzazione degli elementi migliori della nostra tradizione.

Una formula che conferma la sua validità

Mario Argiolas: «Una formula che conferma la sua vitalità»
Oltre ventimila visitatori, record di copie vendute, sinergia con la Regione e con il Comune
La Nuova Sardegna, 30 ottobre 2007
MACOMER. La mostra del libro si chiude con un bilancio positivo. «Le cifre - dice Mario Argiolas, presidente dell’Associazione degli editori sardi - sono molto buone. Il numero dei visitatori dello scorso anno (ventimila) è stato ampiamente superato. Le vendite dei libri sardi registrano un più trenta per cento. Anche i librai indipendenti hanno venduto molto bene, sia i libri della piccola e media editoria di qualità sia i libri per ragazzi».
- E le polemiche sul possibile trasferimento della Mostra a Cagliari
«Con questa edizione la Mostra del libro di Macomer ha messo la parola fine su ogni ipotesi di questo tipo. La centralità di posizione, il rapporto con il territorio, la possibilità concreta di interagire, per la facilità dei collegamenti, con tutte le aree geografiche dell’isola, hanno giocato a favore di questa conferma. Altro elemento centrale è il ruolo del Comune di Macomer, che ha puntato con convinzione sulla cultura del libro in un territorio ricco di tradizione in questo senso. Basti pensare all’esperienza dei centri Unla, dei circoli di cultura popolare e dei circoli di lettura, che a partire dagli anni ’50, grazie ad un progetto europeo di alfabetizzazione, hanno diffuso capillarmente la pratica della lettura».
- Un formula che quindi va confermata?
«La Mostra del libro ha trovato, grazie ad una direzione collegiale che vede protagonisti gli editori sardi, i librai indipendenti e le associazioni culturali, capaci di interagire in modo corretto con le istituzioni (Regione e Comune), la formula vincente, basata sulla partecipazione del pubblico attraverso il coinvolgimento delle scuole, gli approfondimenti, il dibattito, il confronti tra gli autori e degli editori con il pubblico dei lettori. L’obiettivo è quello di abbandonare definitivamente l’idea di un pubblico consumatore passivo di stereotipi, a favore di un pubblico attivo creatore di nuovi linguaggi».
- Cose da cambiare?
«C’è molto lavoro da fare, ma l’idea di lavorare tutto l’anno, anche attraverso il blog http://mostralibro.blogspot.com attorno ad un tema - quest’anno era «Il futuro le parole e le idee per immaginarlo» - con un’ottica di sistema, rende possibile organizzare eventi per produrre cultura più che per consumarla». (red.c.)

lunedì 29 ottobre 2007

Piccoli lettori

Piccoli lettori. Macomer, 28 ottobre 2007. Foto: Paolo Lusci

Ma il problema è la mucca che attraversa la strada (F. Madrigali)

Il tema "MEGLIO UN ARTICOLO CHE NON RENDE CONTO DI TUTTO O IL SILENZIO TOTALE DA PARTE DELLE ALTRE TESTATE?" è interessante non solo perché pone questa domanda ma perché ne porta altre con sé. Scelgo comunque, con qualche esitazione, la prima opzione. La scelgo perché quando parliamo di una cultura che vorremmo democratica e non elitaria dobbiamo necessariamente armarci di machiavellico fine che giustifica i mezzi: solo parlandone e scrivendone possiamo sperare che il virus della lettura, della curiosità, dell’"altro" da noi si diffonda, portandosi dietro come effetto collaterale anche la capacità di leggere una cronaca in maniera critica. Ho delle esitazioni, certo, perchè maneggiando le parole mi rendo conto di quanto, paradossalmente, talvolta possano essere insufficienti a rendere la realtà, e questo perfino se l’evento lo si è seguito tutto. Figuriamoci pensando all’eventualità che il cronista ne abbia visto/sentito metà o che per qualsiasi motivo voglia/debba tagliarlo, modificarlo, talvolta banalizzandolo. Però il problema sta secondo me a monte, cioè nel fatto che gli eventi culturali sono considerati secondari rispetto alle famose notizie del genere "mucca attraversa la strada bloccando il traffico" o "membro della casa reale inglese ricattato per una storia di sesso e droga", e via gossippeggiando sulle prime pagine dei quotidiani e telegiornali, nazionali e regionali. Che sia un fatto di mercato, cioè di pubblico "tarato" su quelle notizie, o una precisa strategia editoriale per non parlare troppo d’altro, è un’altra storia che si potrebbe approfondire. Si tratta, comunque, ancora una volta di un fatto culturale: all’aumento di interesse "pubblico" per i libri, gli incontri, l’arte, il cinema, la scienza e così via anche l’informazione sarà costretta a dare spazi più ampi a manifestazioni ed eventi in cui si parla, e possibilmente non si urla, e si comunicano cose diverse da quelle che i media ci somministrano ogni giorno.
Francesca Madrigali

Libri per cena.



Libri per cena. Macomer, 27 ottobre 2007. Foto: Carla Serra

Meglio copertura parziale o silenzio totale?

Preciso la natura del mio commento, a parte il disappunto per le esclusioni, sono d'accordo con Andrea: Emiliano Farina almeno ha scritto qlcs. per parecchi giorni della mostra. Gli altri giornali che non hanno riferito affatto l'ultima giornata è come se, con l'unico gesto del non scrivere per niente, avessero omesso gli interventi Angioni, Sanna, Noce, Angius, Arca, Ferruzzi ecc. ecc. in un unico colpo. In teoria dovrebbe moltiplicarsi il rammarico. Eppure stiamo qui a sottolinere che il pezzo di Farina non è stato esaustivo perché il dibattito è andato oltre rispetto a ciò che riferisce l'articolo. Quindi, come dice andrea: "MEGLIO UN ARTICOLO CHE NON RENDE CONTO DI TUTTO O IL SILENZIO TOTALE DA PARTE DELLE ALTRE TESTATE?"
Meglio la prima che hai detto, ovviamente, anche se resto dell'idea che un evento se si racconta lo si racconta fino in fondo. Quindi la domanda diventa: ma quanto peso danno le testate a questa mostra -che pure senza pompa propagandistica fa il punto annuale sullo stato dell'editoria isolana- rispetto ad altri eventi?
Paolo Maccioni (29 ottobre 2007)

Mass media e fatti culturali

Paolo Maccioni ha posto un problema serio che riguarda il rapporto tra l'informazione e i fatti culturali. Parliamone pure. Molto spesso ci appare incredibile che nella nostra isola accadano fatti rilevanti e i mass media non neparlino, non informaino i lettori. In questo caso però l'obiettivo non è perfettamente centrato perchè Emiliano Farina ha scritto un bell'articolo sulla tavola rotonda di Macomer. Pazienza se qualche scrittore non è stato citato. Credo sia un fatto casuale e non ci sia nessuna censura.
Mario (29 ottobre 2007)

Il futuro del libro, tra scuole e biblioteche...

Il futuro del libro, tra scuole e biblioteche per allevare quei nuovi lettori che è arduo recuperare in aree di frontiera

di Francesca Madrigali

Il sabato del villaggio del libro si snoda attorno alle Ultime notizie dal mondo del libro. Il futuro del libro e la promozione della lettura da Gutenberg a internet, ovvero l'ambizioso titolo dato alla tavola rotonda cui hanno partecipato sabato alcuni addetti ai lavori nello spazio delle ex Caserme Mura, in cui si svolge la 7 edizione della Mostra del Libro di Macomer. C'erano Maria Grazia Arru per il portale Sardegna Cultura, Aldo Addis (Associazione dei librai sardi indipendenti), Valentina Francese (Fanucci editore), Daniele Di Gennaro (Minimum Fax), Vanna Fois (Ilisso), Sandro Ghiani (AIB Sardegna), Gianni Marilotti (Presidi del libro della Sardegna), Giuseppe Mocci (Associazione Editori Sardi).

Il tema è ambizioso perché i relatori sono molti e il tempo è tiranno, cosa che un po' ha contratto il dibattito sul più bello e un po' ha garantito il pubblico dal pericolo di una ripetizione di concetti già sentiti, di solito incentrati sul concetto della necessità del “fare sistema” e sulle rimostranze che ognuno può avanzare non sentendosi sufficientemente sostenuto da quelli che dovrebbero essere i “partner” nella filiera del libro.

Partendo dai consueti dati Istat del 2006, che segnalano un allarmante 54% di non-lettori in Italia, Alberto Urgu ha moderato e indirizzato l'incontro sul duplice binario dello stato dell'arte e delle possibilità di proseguire e migliorare nelle strategie di promozione editoriale, tasto dolente dell'intero settore librario: a questo proposito, sono state di grande interesse le testimonianze di due editori “medi”, che hanno avuto successo anche grazie alle strategie commerciali e di marketing messe in atto.

Il ruolo delle biblioteche, insieme di «lettori organizzati dalla mano pubblica», è stato analizzato da Sandro Ghiani, che ha ventilato l'ipotesi di una sorta di persistente diffidenza dei librai verso il prestito gratuito. Eventualità prontamente smentita da Addis, che anzi si è dichiarato «stupito che si parli ancora di questa ipotesi» e consapevole dell'interazione sinergica fra biblioteche e librai. Un libro prestato per 10 volte, insomma, non si traduce necessariamente in 9 vendite in meno, anche se è vero che le biblioteche raramente vengono coinvolte nelle attività promozionali. Eppure, certo grazie al lavoro dei bravi bibliotecari e dei bravi librai (cose tutt'altro che scontate, come ogni lettore-consumatore sa), il rapporto fra i due vettori si rivela vincente per stimolare il desiderio di lettura e di cultura, soprattutto nei giovanissimi, ovvero i lettori di domani.

Il futuro è soprattutto il tema di questa edizione delle Fiera del libro, proprio perché l'attenzione è puntata verso le scuole e le loro biblioteche, clienti-consumatori che attraverso la valutazione dei loro operatori avranno modo, con i nuovi finanziamenti regionali a loro dedicati, di rifornire le loro strutture secondo criteri di qualità e «non più in base a sconti e ribassi», chiarisce ancora Addis, aggiungendo che oltre alle buone intenzioni sono necessari anche atti concreti per far sì che le risorse destinate alla scuola rimangano in Sardegna, vengano cioè rimesse nel circolo delle librerie sarde. L'auspicio è quello di «un futuro in cui si parli sempre più di investimenti e non di assistenza, e nel quale i libri siano promossi e non stoccati in qualche magazzino pubblico».

Nel territorio più interno della Sardegna, in zone in cui il paese più grande ha tremila abitanti, si è partiti quasi da zero e oggi ci sono circa 17 biblioteche aperte al pubblico. Attualmente il numero di frequentatori delle biblioteche non sembra essere diminuito, ma una fetta consistente di pubblico entra per usufruire soprattutto dei servizi multimediali, ha spiegato Ghiani. È la democraticità e velocità della Rete, bellezza: e non è detto che sia un male, visto che oggi molto più di ieri l'utente ha modo di accedere e di interagire con il testo.

In controtendenza le grandi città come Cagliari e Sassari, nelle quali spesso manca un servizio di pubblica lettura e non si riesce a raggiungere tutti i quartieri. Proprio al raggiungimento dei lettori nelle aree di frontiera è dedicata l'attività dei Presìdi del Libro, dei quali Gianni Marilotti conferma la mission e la volontà di condivisione e apertura. Durante la serata è stato inaugurato il nuovo presidio Verbavoglio di Macomer.

Giuseppe Mocci, delle Edizioni Aipsa, è invece intervenuto in rappresentanza dell'AES, che opera da 21 anni con circa 35 editori associati. L'organizzazione è orientata al dialogo con le istituzioni e gli operatori della cultura, con la piena consapevolezza della necessità un lavoro comune da un lato e della necessità di ripensare alcune forme di promozione dall'altro: il riferimento è alle Fiere, che non hanno tutte lo stesso dinamismo e risultato in termini di partecipazione e visibilità, come invece sembra funzionare per le presentazioni, che raggiungono anche le 350-400 per anno e sono ritenute soddisfacenti.

«Ci auguriamo che venga fatta, in tempi brevi, una legge per l'editoria: attualmente il comparto ne è privo perché la 22 è stata abbandonata. Speriamo anche che i caratteri della nuova legge vadano nelle direzione di quegli imprenditori-editori che hanno un progetto», ha detto Mocci, così come nel tracciato dell'ultima delibera della Giunta regionale.

Il tasto dolente è quello di alcune altre politiche che destano preoccupazione, come la «concorrenza sleale della Regione che si fa editore» o della possibile lesione dei diritti d'autore derivante dal fatto che la Regione Sardegna ha messo sul sito www.sardegnacultura.it, di cui sono state proiettate alcune pagine, numerosi testi di narrativa e non solo degli autori sardi, che si possono scaricare liberamente. È una possibilità in più per i lettori? Significa una maggiore democrazia nell'accesso al libro? O piuttosto favorire l'immaterialità della risorsa può causarne la disaffezione? Domande, forse, da lettore forte e conservatore.

I riferimenti alla “nouvelle vague” sarda o al fenomeno dei festival letterari portano inevitabilmente al discorso sulla identità e specificità sarda, anche se - come osserva Daniele Di Gennaro della Minimum Fax, partendo dalla propria esperienza di piccolo editore che le ha inventate tutte per sopravvivere e crescere - «imitazione e meticciato sono cultura, perché è nel momento dell'ibridazione che la gente comincia a parlarsi».

Per dirlo chiaramente: «Gli editori sardi hanno avuto successo perché i libri erano belli, non perché erano sardi, il marchio doc mi dà ansia così come parole come presidio, sistema ecc.». Un chiaro invito insomma a spostare la prospettiva dal proprio ombelico al mondo esterno, magari anche “contaminandosi” con altri linguaggi, come la Minimum Fax ha fatto in maniera massiccia: readings, concerti, eventi multimediali con artisti di vario tipo, che rendessero più “emozionale” e quasi “tattile” l'esperienza della parola scritta.

Anche Valentina Francese della Fanucci, editore medio specializzato in fantascienza, fantasy, letteratura per teenager e non solo (pubblica anche il recente Nobel Doris Lessing) ha portato l'esperienza di un operatore che non potendo certo contare sui bestsellers alla Dan Brown deve puntare sui propri lettori attuali e futuri, “fidelizzandoli” dalla tenera età. «Il tempo delle presentazioni tradizionali sta finendo, e gli eventi più fruttuosi sono quelli in collaborazione con le scuole e le biblioteche»: tutto torna, dunque.

Prudenza nella lettura dei dati Istat e realismo nella valutazione dello status quo sono stati richiamati da Vanna Fois della casa editrice Ilisso, per cui il problema è triplice. C'è la flessione delle vendite in libreria, il fatto che molti buoni libri siano “invisibili” perché sottoposti a meccanismi di distribuzione penalizzanti e infine la necessità di sostenere un obiettivo comune: la promozione del libro, perché «se ne crei il bisogno», per anticiparlo quasi.

La comunione d'intenti è peraltro cosa condivisibile e più imprenditorialmente intelligente del volersi distinguere a tutti i costi, sentendosi “altro” rispetto ad attori della filiera del libro quali i bibliotecari, i librai, gli stessi lettori che, come ricorda l'eretico Di Gennaro, ormai spesso ne sanno più degli stessi editori e non mancano, grazie alle enormi possibilità che la Rete ha aperto, «infrangendo il muro dell'intransitività», di far sentire la loro voce.

È certo merito dell'Aes quello di aver compreso e fatto comprendere che i tempi dell'assistenzialismo sono tramontati, e per fortuna, si potrebbe aggiungere: perché così si darà modo a chi è culturalmente appassionato e onesto a livello imprenditoriale di emergere, staccandosi da quella immagine allo stesso tempo sacerdotale e parassitaria cui viene associato un operatore economico che si occupa di editoria in qualche modo finanziata dalla mano pubblica.

Certo le istituzioni, così attente alla riscoperta dell'identità sarda, non possono tralasciare un settore tanto importante; e si capisce il rammarico di chi si sente trattato da figliastro rispetto ad altri soggetti, che magari hanno una immagine più forte e accattivante ma contenuti e prospettive di rafforzamento della cultura isolana differenti. Cultura che probabilmente dovrà, anche lei, scendere a patti in qualche modo con l'inevitabilità del “meticciato” e dei nuovi linguaggi, che certo la renderanno meno “pura” e integrale, ma meno fideistica e astratta. E l'avvicinamento - e perché no, la fidelizzazione - delle persone alla cultura val bene un compromesso.

Macomer, giù il sipario con l'ossessione della sardità

L'UNIONE SARDA 29/10/2007
DALL' INVIATO EMILIANO FARINA
Macomer. Qualcuno chiede di essere lasciato in pace perché quando sente «quella parola» gli viene da tirare fuori la pistola. Il termine da lacrime e sangue è «identità» e il pistolero si nasconde tra i quarantadue autori che hanno dato inchiostro a Cartas de Logu. Scrittori sardi allo specchio (Cuec, 218 pagine, 12 euro), una raccolta di opinioni curata da Giulio Angioni sul senso di appartenenza all'Isola natia. Qualcuno la chiama anche coscienza storica.
Il volume è stato presentato ieri (moderatore Marco Noce) nella serata conclusiva della Mostra del libro di Macomer. Un sigillo ideale per una rassegna incentrata quasi ossessivamente sul rapporto tra essere uno scrittore, essere sardo ed essere uno scrittore sardo. Una formula, quest'ultima, che sulla scia del successo ottenuto da una lunga schiera di penne di Sardegna, sta contribuendo a creare un mito/verità che da giorni s'ode indisturbato tra gli stand della mostra all'Ex Caserma Mura. «Gli editori fanno a gara per poter aver uno scrittore sardo in catalogo». E semmai dovesse prevalere il mito sulla verità, non è stato certo sfatato a Macomer.
Il pistolero si cela in un elenco alfabetico che va dalla A di Abate Francesco fino alla T di Tognolini Bruno. Ci sarebbero anche altre lettere come la Z , «ma c'è chi si è ritirato e chi non ne ha voluto sapere di affrontare questo argomento», spiega Angioni. Se Cartas de Logu è un bel campionario di confessioni sul proprio grado di sardità, il vero problema è capire se l'identità sbandierata come marchio doc di un prodotto oggi indiscutibilmente appetibile sia un'operazione di marketing editoriale o di appartenenza reale a una vita interiore dal gusto nuragico. Le posizioni degli autori sono le più diverse. Le testimonianze dei quarantadue (uno è anonimo) hanno forme letterarie altrettanto diverse: si va dal saggio alla poesia, dai racconti ad accenni giornalistici. Alcuni sono scritti bene e sono interessanti, altri no. Tra i più curiosi c'è quello di Nicola Lecca, l'autore considerato meno “sardo” di tutti. Il titolo è Essere uno scrittore sardo . «Mi sento tanto sardo quanto tutti gli altri scrittori della mia terra e sono convinto che nei miei libri ci sia molta più Sardegna di quanto si pensi».
La più chiara è Bianca Pitzorno: «Se dovessi dare una definizione di me stessa sulla scrittura, temo che deluderei moltissimo i cultori della “letteratura sarda” perché mi direi senza esitare “scrittrice europea di lingua italiana”. Angioni spiega il motivo di una simile presa di distanza. «Poco prima di scrivere la sua testimonianza, la Pitzorno aveva ricevuto uno dei tanti attacchi da parte di alcuni estremisti della sardità. Sicuramente era infastidita e oggi, potendo, scriverebbe cose diverse».
Un giudizio tecnico collettivo sull'opera arriva da Simonetta Sanna, docente di filologia ed esperta di emigrazione, immigrazione ed etnie. Ha analizzato analiticamente i singoli scrittori individuando tre grandi tematiche legate al loro personale concetto di identità: natura, storia e cultura. In Fresi - sostiene - la sardità è ben delineata, nella Agus prevale il concetto di “tana”, in Francesco Casula c'è il vincolo linguistico. Puddu, Marroccu, Fois e Marci sono particolarmente complessi. Antoni Arca è ibridato. Sanna boccia l'eccessivo attaccamento alla propria terra con una teoria che definisce dell'“identità fluida”: «Siamo in Europa e dobbiamo passare da un'ideologia fondata sulle radici a una nuova immagine più adeguata all'universo in movimento». E se Fiorella Ferruzzi interviene con Proesia (mix tra prosa e poesia), l'algherese Antoni Arca rivela senza troppi giri di parole chi è lo scrittore sardo: «Colui che scrive in lingua sarda». E basta.
Secondo Angioni (modalità antropologo), Cartas de Logu «è una foto di gruppo enorme che non so nemmeno come sia nata». Anzi, lo sa. «Da un incidente: molte delle singole testimonianze dovevano confluire negli atti di un convegno sull'identità. Dato che la cosa non è avvenuta, abbiamo pensato di pubblicarle così». D'accordo, ma chi è il pistolero? «Non ve lo dico, leggete il libro».

Al centro della cultura (Dolores Turchi)

Trovandosi Macomer al centro della Sardegna, e pertanto facilmente raggiungibile dal nord e dal sud dell'isola, mi pare la località più adatta per realizzare una Mostra del libro sardo, che ritengo estremamente utile per un'adeguata informazione al vasto pubblico, viste le poche librerie esistenti in Sardegna.
La novità che la mostra presenta quest'anno è ottima: assegna uno spazio a ogni editore, consentendo in tal modo al visitatore di farsi rapidamente una chiara idea sia della produzione libraria più recente, sia della qualità e quantità dei libri prodotti da ciascuna Casa editrice.
A mio avviso questa impostazione dovrebbe essere tenuta anche negli anni successivi.
Macomer, 28 ottobre 2007
Dolores Turchi (Studiosa di tradizioni popolari e saggista)

Scienza, fantascienza e fumetto 28 ottobre 2007

Nel corso della tavola rotonda sul tema Scienza, fantascienza e fumetto, sono state presentate una serie di visioni della scienza veicolata attraverso il linuaggio espressivo del fumetto e nella forma narrativa della fantascienza.
28 ottobre, Casa Attene, Macomer.

domenica 28 ottobre 2007

Il futuro tra scienza e fantascienza 27 ottobre 2007

Piccola patria. La Sardegna e il mondo nelle pagine dei saggisti. Dibattito sul tema "Il futuro tra scienza e fantascienza", sviluppato daii ricercatori Franco Meloni, Manuela Uda, Andrea Mameli, coordinati da Paolo Maccioni.
Macomer, spazioautori, 27 ottobre 2007

Nuova filosofia espositiva

Come illustrato da Mario Argiolas, presidente dell'AES (Associazione Editori Sardi) e tra gli artefici della Mostra, quest'edizione ha visto un'importante modifica nei criteri espositivi, nella determinazione dei quali è prevalso il principio della valorizzazione delle progettualità individuali di ciascun editore. Mentre in passato i titoli presenti erano proposti per ordine tematico, quest'anno si è preferito dare uno spazio individuale a ciascuna Casa.
La valutazione di fondo che origina questa scelta è la convinzione di una importante maturità raggiunta dal pubblico sardo, che, ormai bene orientato (merito anche di Macomer) nelle opportunità di lettura offerte dalle Case isolane, ha ora l'opportunità di esplorare le scelte editoriali e pertanto di comprendere la personalità specifica di ciascun editore. (Foto: Gianfranco Meloni)

Il Trenino

Dalla mattina alla sera il Trenino, amato dai bambini ma usato anche dai grandi, collega senza sosta la zona della Mostra con il Centro storico di Macomer, che mai come quest'anno è ricco di iniziative collegate all'esposizione. (Foto: Gianfranco Meloni)


Libri nelle caserme

La Mostra del Libro è ospitata in una ex struttura militare. L'editore Daniele di Gennaro (Minimumfax, Roma) ha trovato talmente suggestiva questa circostanza, che ha inventato un suo personale slogan per la Mostra, Dopo i fiori nei cannoni, i libri nelle caserme.
Nella foto è visibile il Padiglione Tamuli, che ospita gli stand delle case editrici e dove è possibile consultare e, volendo, acquistare, oltre 2.500 titoli di libri stampati in Sardegna. Il secondo Padiglione, prospicente al primo, si chiama Filigosa e dà ospitalità a seminari, discussioni ed al centro stampa. I due nomi dati ai padiglioni sono in realtà antichi toponimi archeologici di Macomer, che in questo modo ha voluto onorare il suo grandissimo patrimonio monumentale, risalente soprattutto all'età nuragica.

Momenti ricreativi per i giovanissimi visitatori

Animazione per i bambini alla Mostra del libro di Macomer, 27 ottobre 2007.

«Restauriamo qui i nostri libri antichi»





La Fiera dà lo spunto per un laboratorio al servizio della provincia

TITO GIUSEPPE TOLA

MACOMER. Aprire un laboratorio di restauro dei libri antichi a Macomer al servizio del sistema bibliotecario provinciale che muove i primi passi. La proposta è dell’assessore alla Cultura del comune, Gigi Muroni, e trae spunto dalla presenza alla Fiera del libro di un laboratorio del Centro regionale di restauro dei beni librari che ha suscitato grande interesse.
I visitatori della Fiera del libro si soffermano incuriositi nel laboratorio dove i fratelli Alessia e Carlo Lussu spiegano come si ricostruiscono le pagine di un libro divorato dai tarli e soprattutto cosa non si deve fare nel tentare di riparare un libro antico con i quinterni sconnessi, la copertina malandata e le pagine infestate da funghi e parassiti. Gigi Muroni, che è anche consigliere provinciale e si occupa del sistema bibliotecario, ha pensato alla necessità di recuperare i fondi storici delle biblioteche che ne faranno parte, ma anche di tutte le altre. «Il sistema - dice - può munirsi di un laboratorio che dia risposta a questa esigenza. Il patrimonio librario provinciale ha testi di valore che necessitano di restauro. Attualmente si mandano i libri a Cagliari o ai laboratori privati. A Macomer è possibile attrezzare un laboratorio che, anche per la posizione, può servire le biblioteche di mezza Sardegna».
Restauratore di libri, però, non ci si improvvisa. Esiste un corso di laurea triennale, ma non basta per acquisire l’esperienza e la manualità necessarie per rifare le parti mancanti di una pagina, che non vanno riscritte. «Quello - dice Carlo Lussu - è compito degli storici. Il nostro lavoro si limita a ricostruire la parte cartacea che manca, rimettere insieme i volumi e altri interventi. Il tutto con le tecniche e i materiali usati dai rilegatori originari». La sorella Alessia lavora alla ricostruzione delle pagine di un manoscritto di teologia proveniente dalla biblioteca di Bosa. La carta mancante viene “rattoppata” con carta giapponese che “incolla” in modo che il restauro sia visibile. Impiega un collante a base di cellusosa molto tenace. «I libri - spiega Carlo Lussu - non si devono riparare col nastro adesivo o con colle viniliche perché si aggiunge danno al danno. La riparazione va fatta nei laboratori specializzati. Il centro regionale è stato voluto ed è cresciuto grazie a Paola Bertolucci, che ha diretto il settore dei beni librari dell’assessorato regionale alla Pubblica Istruzione».

La biblioteca di Babele abita a Macomer

Dibattito vivace sullo stato dell'editoria in Sardegna, ma si parla che di scienza e fantascienza
La biblioteca di Babele abita a Macomer
Alla Fiera del libro fra incomprensioni, speranze e strategie per il futuro

DAL NOSTRO INVIATO
EMILIANO FARINA

Oltre che di nuove tendenze e scaffali da esplorare, la Mostra regionale del libro è anche un'occasione per discutere sullo stato dell'editoria in Sardegna. E sul suo futuro. Ieri a Macomer un gruppo di rappresentati della filiera regionale del libro si sono guardati negli occhi, si sono beccati l'un l'altro, hanno proposto strategie che, più che soluzioni, hanno l'aspetto di speranze. Una serie di sgomitate sotto lo sguardo incuriosito di un paio di editori d'Oltretirreno, animati da un approccio completamente diverso alla questione.
Il clima del dibattito è quello scaturito dalla recente diffusione dei dati Istat (2006) sull'amore degli italiani per la lettura: il 55 per cento (oltre i sei anni) sono risultati non lettori. La Sardegna si è piazzata in una posizione intermedia con il 57 per cento. Come dire: le tantissime manifestazioni per lo stimolo alla lettura non solo non avrebbero prodotto risultati, ma addirittura coincidono con un calo delle vendite in libreria. La posizione dell'associazione regionale dei bibliotecari è netta: «Ci sentiamo poco amati dai librai e da tutti gli altri componenti della filiera». Eppure, spiegano, le biblioteche non sono altro che lettori organizzati dalla mano pubblica, ossia clienti. Quindi il presidente, Sandro Ghiani, se la prende direttamente con il metodo di fare promozione e sostiene che tutti invitano alla lettura ma «ciascuno lo fa per conto suo e a volte in contrasto l'uno con l'altro. E senza coinvolgerci quasi mai. Ci vuole una strategia comune e a lungo termine».
Se da una parte il numero dei frequentatori dei luoghi di lettura pubblici è in aumento, lo si deve più all'utilizzo dei servizi multimediali (internet) che alla voglia di leggere. La situazione delle biblioteche regionali presenta due caratteristiche principali: nelle città più importanti come Cagliari e Sassari non mancano di certo ma il servizio non è capillare a livello di quartieri. Completamente rovesciata quella nei piccoli centri: esistono soltanto servizi di pubblica lettura «spesso non adeguati». Anche le biblioteche scolastiche non se la passano bene. Secondo Gianni Marilotti (rappresentante del Presidio del Libro) «otto su dieci sono dirette da personale inadeguato per ricoprire il ruolo: servono bibliotecari, non semplici docenti».
Se i bibliotecari lamentano disattenzione e carenze, i librai li guardano con scetticismo e rilanciano: «Nelle librerie regionali si vendono sempre più libri sardi - assicura Aldo Addis, vicepresidente dell'associazione librai indipendenti - l'aumento è rilevante ma oggi difficile da quantificare». Quindi invita a continuare a investire nella scuola e a mettere da parte le polemiche. L'Aes, l'associazione che da 21 anni riunisce la maggioranza dell'editoria sarda (33 editori con l'85 per cento della produzione) è quella che intrattiene più rapporti con la Regione per quanto riguarda le manifestazioni, si difende: «La promozione che si fa attualmente è piuttosto efficace - risponde Giuseppe Mocci -: dalla Fiera di Francoforte a quella di Torino, fino alle più piccole: siamo ovunque». Poi lancia la proposta di una nuova legge sull'editoria e la creazione di un sistema comune che permetta un maggiore dialogo con le istituzioni.
Ma secondo certi editori, i problemi non sono necessariamente collegati ai dati Istat. «Piuttosto dobbiamo interrogarci sulla flessione delle vendite con la conseguente chiusura di molte librerie - dice Vanna Fois della Ilisso -, l'unico dato che ci deve interessare è la risposta del mercato». O anche la questione dei cosiddetti «libri invisibili», lavori validi che non arrivano mai al lettore perché «un meccanismo prevaricatore terribile» li tiene lontani dalle librerie. Sempre secondo la Fois, un buona parte di colpa è della stampa che recensisce o segnala solo certi tipi di testi, mentre altri li destina all'oblio. E comunque l'editoria medio-piccola è costretta a fare i conti anche con lo strapotere dei grandi gruppi. «Quattro o cinque che detengono il 90 per cento della produzione».
SGUARDI DALLA PENISOLA Mentre bibliotecari, librai ed editori sardi continuano a beccarsi, gli ospiti d'Oltretirreno osservano la scena tra stupore e un po' di spavento. Valentina Francese (Fanucci editore), taglia corto e illustra l'esperienza in una casa editrice di settore e di medie dimensioni. «Il tempo delle presentazioni come promozione sta terminando, bisogna prendere i lettori da giovani e collaborare con scuole e biblioteche». La sua ricetta: riduzione delle novità annuali, aumento della qualità ed evitare di cercare a tutti i costi il best seller salva-stagione.
Daniele De Gennaro della Minimum fax: «Il marchio doc da parmigiano sul libro sardo mi mette ansia. I libri sardi stanno avendo successo perché sono validi e non perché sono sardi. L'ibridazione è un elemento fondamentale». Quindi consiglia di puntare sulla "botta emotiva": associare la lettura dei testi a tutte le arti utilizzando linguaggi che si fondano tra loro. «Noi operiamo così, in quindici anni siamo cresciuti tantissimo».
SPAZIO ALLA FANTASCIENZA Ciò che ieri era fantascienza oggi è scienza: questo il tema dell'incontro tra gli studiosi Franco Meloni, Manuela Uda e Andrea Mameli. Si è sottolineata l'importanza della conoscenza della scienza per i cittadini che si trovano di fronte a scelte elettorali su temi scientifici: c'è un forte bisogno di laureati in materie scientifiche. Oggi si parla ancora di fantascienza (Casa Attene, ore 11), stavolta legata al fumetto come strumento espressivo.

Unione Sarda del 28/10/2007