martedì 30 ottobre 2007

«Troppa Sardegna», anatema per crescere

Emiliano Farina
L'Unione Sarda 30/10/2007
Macomer. Trasformare un pregio come la voglia di dialogo in una zappata sui piedi. Mario Argiolas, patron della Mostra del Libro, ha simbolicamente consegnato le chiavi della settima edizione della rassegna di Macomer. E anticipa la risposta a una domanda che si aspettava da giorni. «Sì, certo, invitiamo soprattutto autori e relatori che non la pensano come noi. È la nostra filosofia». Tra quegli ospiti, ce n'è uno in particolare che dopo un intervento su come si organizza un festival di letteratura, boccia l'impianto di quello di Macomer: «Troppa Sardegna». Parola di Michelina Borsari, direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena, organizzatrice del secondo più importante (il primo è quello di Mantova) tra i mille nazionali che ogni anno invitano alla letteratura: il Festival della Filosofia di Modena.
Che vuol dire “troppa Sardegna”?
«Significa trovarsi di fronte a una manifestazione chiusa e destinata soltanto alla comunità locale. E il localismo va evitato».
Concetto di identità da applicare ai giovani?
«È difficile che un ragazzo di vent'anni s'identifichi con la tradizione. Ha bisogno di altre cose, di poter guardare lontano. Noi non lavoriamo per i giovani ma con i giovani. Così come non si dovrebbe lavorare per i sardi ma con i sardi».
Che ne pensa della gestione degli spazi per gli autori?
«Le presentazioni sono commerciali e dunque morte da tempo. È fondamentale la centralità del testo rispetto a editori e autori. Mettere lo scrittore al centro dell'attenzione è sbagliato: al visitatore interessa ciò che scrive, non la sua persona».
Altri punti deboli?
«La comunicazione. La città deve essere vestita a festa con soluzioni che attirino l'attenzione. Vede questa piazza? (lo spazio tra i due padiglioni dell'Ex Caserma Mura ndr ), tranne l'orribile tendone per i bambini è completamente spoglia. Per attirare i ragazzi bisogna puntare molto su Internet e sulle tecnologie visive. E ancora, dare un'informazione completa ai giornalisti, mettersi d'accordo con ristoratori e albergatori per creare iniziative a tema. Se non si fanno queste cose poi non ci si può lamentare che l'economia cittadina non gira. La conseguenza di una comunicazione assente o difettosa è terribile: l'elitarismo».
C'è dell'altro?
«Manca qualcosa di spumeggiante. Se mi passate il termine, mancano i nani e le ballerine. E lo dice una che si occupa dell'organizzazione di un festival dedicato alla filosofia. Tema che, un tempo, non godeva né di buona fama, né di buona stampa».
Un aspetto positivo?
«La grande attenzione per la cultura e il dialogo tra società e istituzioni. Il progetto “la scuola adotta un libro sardo” è formidabile».
***
Uno dei punti deboli del programma sono state le attività collaterali. Tra queste la musica, spesso snobbata. «Per stimolare i giovani bisognerebbe spostare i concerti più al centro tenendo conto degli orari dei giovani», ammette Argiolas. Così come ammette difficoltà organizzative e una comunicazione partita troppo in ritardo. «Certo, i problemi sono tanti e dobbiamo migliorare, ma per farlo abbiamo bisogno di un'offerta ricettiva più attiva e di più collaborazione da parte della città. Se dovessi fare un bilancio globale, dico che quest'anno siamo riusciti a consolidare una formula». In questa edizione i libri esposti sono stati un migliaio in meno rispetto alle precedenti. «È stata una nostra scelta: oggi sono i singoli editori a curare la propria esposizione. Piuttosto non mi sarei aspettato che rispondessero così numerosi: 34».
Troppa Sardegna?
«Se l'identità è vista come ideologia diventa una prigione. Se vista come confronto è un'opportunità».
Sicuramente il turismo culturale cresce più con le zappate sui piedi che con sedicenti successi da sbandierare ai quattro venti.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Mi ha lasciato molto perplesso la presa di posizione di Michelina Borsari sulla formula della mostra di Macomer e la bocciatura, quasi completa, dell'edizione cui lei ha partecipato.
In primo luogo perché mi sembra difficile, anche per una esperta del suo calibro, valutare il funzionamento di una manifestazione culturale in una mezza giornata.
Tra l'altro proprio domenica mattina la Borsari ha assistito al dibattito con Pier Luigi Sacco e Maria Antonietta Mongiu, che sicuramente non può essere tacciato di localismo.
Senza tentare di confutarne le posizioni, mi permetto di sottolineare che osservare la mostra di macomer con le lenti del festival di Modena sia un'operazione inutile, prima che sbagliata.
Mi era sembrato, ma probabilmente ho capito male, che nel suo intervento di domenica la Borsari dicesse cose diverse sugli eventi culturali nei piccoli centri.

Anonimo ha detto...

Localismo, chiusura identitaria, polveroso tradizionalismo: conosciamo bene il retroterra culturale delle dichiarazioni rilasciate dalla signora Borsari (è il refrain preferito del fronte anti-identitario sardo).
Tuttavia, il suggerimento di aprire la mostra del libro al confronto con altre culture è interessante. In Europa sono radicate minoranze etnico-culturali pressoché sconosciute al grande pubblico. Perché non dedicare la prossima mostra (per fare un esempio) alla cultura occitana? Dare continuità a questa forma di confronto, sarebbe un'occasione di crescita e maturità per tutti.