giovedì 25 ottobre 2007

Benvenute siano le scuole! (Giuseppe Mocci)

Il futuro del libro sta forse, paradossalmente, proprio nelle sue radici. Potrà cambiare il “format” attraverso il quale viene percepito dal lettore (ben venga quindi internet, il libro elettronico, google e la mutimedialità) ma rimane immutata la sua valenza “archetipica”.
Dobbiamo immaginiare il futuro del libro già a partire da questo presente.
La fiera, quindi come punto di incontro per gli operatori della filiera, per i lettori, ma anche e sopratutto come punto di partenza per il nuovo percorso che ci attende faticoso.
Questa fiera, al di là dei suoi evidenti meriti, della sua crescita ed anche dei limiti oggettivi, ha già raggiunto un primo utile risultato se riesce a farci ed a far discutere intorno al libro e se riesce a far maturare rinnovati impulsi verso i prossimi obiettivi.
Se si può pensare, evocando simbologie e grafismi già noti, la fiera stessa come un grande libro… allora stiamo inserendo l’incipit. Fanno bene gli intellettuali sardi ad auspicare un “Progetto” (purché sia condiviso dal basso e quindi partecipato) ancora troppo lontano dal trovare facile realizzazione. A mio avviso, non può essere l’unico rimedio, anche se, e ne sono certo, arriverà presto.
Possiamo immaginare, anche con il supporto dei politici locali, anche una fiera del mediterraneo da realizzarsi in Sardegna. Chiediamo troppo?
La fiera, quindi, e le fiere come motivo di innesco per altri eventi “piccoli”, quasi invisibili, da tenersi nei “non luoghi” della lettura tradizionale ma proprio per questo motivo, più significativi, ad esempio nei piccoli centri abitati privi di librerie e di biblioteche, che ben si sposano con il silenzio della lettura, distanti dall’eccessivo “rumore” mediatico. Proprio attraverso questi “non luoghi” vanno gettati i semi del futuro lettore, di quello incerto, morbido, debole, del non lettore disponibile tuttavia a “passare dall’altra parte”.
Ci sono poi, altri semi che dobbiamo piantare, senza fretta, nei luoghi, questa volta sì “canonici” della lettura e sono quelli del mondo “scuola”, dobbiamo avere il coraggio di cominciare proprio da quel segmento, che rappresenta indubbiamente, l’investimento più importante. Non possiamo prescinderne, dobbiamo convincerci che il nostro patrimonio culturale sia linfa vitale per la formazione dei futuri cittadini/lettori. Il rischio peggiore che invece pare continuamente realizzarsi passa attraverso una globale confusione culturale.
Che fine ha fatto l’autonomia scolastica didattica e curricolare? Quanti e con quale qualità i docenti la utilizzano?
Dobbiamo avere la forza di affiancarci a tutte le forme di omologazione culturale ben presenti nell’universo “giovanile” e tentare il sorpasso. Questo obiettivo sarà raggiungibile con un progetto, non tanto e non solo di generica educazione e di presidio alla lettura, quanto con un intelligente intreccio di tutte le componenti del mondo editoriale.


Giuseppe Mocci (Aipsa edizioni)

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