sabato 27 ottobre 2007

Il futuro comincia nell'Ottocento

Unione Sarda del 27 ottobre 2007

Alla Mostra del libro di Macomer si va alla riscoperta del romanzo, lo strumento antico che racconta meglio il futuro. Due giovani narratori come Stassi e Buonanno a confronto sul ritorno del Popolare. "La nuova letteratura sarda? E' a inizio corsa, se inciampa ora rischia grosso" Ma il pericolo non sembra imminente, e chi ha qualche dubbio si vada a leggere L'isola che sorprende e Cartas de Logu



DAL NOSTRO INVIATO
EMILIANO FARINA
Macomer. Indagare il futuro della letteratura è prima di tutto immaginazione, poi identificazione. Con cosa? Con storie ambientate nell'America del Sud, con tessuti narrativi rubati al romanzo popolare. Ma anche con la rielaborazione della tradizione ottocentesca. Il futuro della letteratura è discostare la geografia dalla realtà e trasformarla in un'invenzione del cuore.
Per trovare parole, idee e anticipare il domani del romanzo, la settima edizione della Mostra del libro di Macomer ha scelto due giovani autori: Errico Buonanno, romano, classe 1979 vincitore nel 2001 del premio Calvino e Fabio Stassi, 38 anni, siciliano, che nel 2006 ha pubblicato Fumisteria, premio Vittorini opera prima 2007.
Entrambi sognano il Sud America, volano con la fantasia a Montevideo e intingono le proprie storie in quel romanzo popolare che gli intellettuali nazionali hanno spesso e volentieri accolto con un caloroso vade retro . Stassi e Buonanno non appartengono ad alcun Rinascimento letterario regionale e nemmeno a una nouvelle vague che raccoglie il talento tra le sue braccia calde e consortili. Entrambi sono animati dalla voglia del romanzesco e del picaresco. Con L'Accademia Pessoa (Einaudi, 2007), Buonanno racconta la storia di un'associazione segreta di ex amanti del romanzo con sede in una polverosa soffitta di Montevideo che ordisce un complotto universale per distruggere la letteratura mondiale. Ma il piano fallisce per colpa di un romanzo infinito: la continuazione dei Promessi Sposi del Manzoni.
Stassi resta sempre in Sud America con E' finito il nostro carnevale (Minimun Fax, 2007): è la vicenda di un uomo, Rigoberto, che s'innamora di una statua, la Coppa Rimet. La inseguirà per tutto il Novecento. La Coppa Rimet si ispira alla figura di una bellissima modella di Siviglia, Consuelo Altamura Villarma che uscirà con Rigoberto una sera soltanto, gli darà un bacio e poi gli dirà: "Io sono come una speranza perduta".


Stassi e Buonanno immaginano il futuro del romanzo così: uno ambientandolo nel vero scandalo della Coppa Rimet: vinta dal Brasile fu quindi rubata e - si dice - fusa con un fornellino da campo da una gang argentina. L'altro su una storia di assoluta fantasia poggiata su canovaccio ottocentesco attualizzato e ispirato al grande romanzo popolare. Insieme allo sceneggiatore per fumetti, Bepi Vigna, i due autori si sono incontrati ieri in un dibattito sotto i tendoni della Mostra di Macomer. E, attraverso le loro esperienze hanno provato a raccontare il futuro del romanzo. Indicandone la via. Secondo Buonanno le nuove generazioni si stanno finalmente distaccando da una certa letteratura degli anni Sessanta molto teorica e psicologica per dedicarsi alla riscoperta dell'Ottocento e del grande romanzo popolare, alla rielaborazione delle storie di un secolo e mezzo fa: "L'unico modo per avere un'idea del futuro della letteratura". Una tesi, secondo Vigna, che si basa su una forma di sdoganamento di forme prima poco considerate. Gramscianamente, una sorta di blocco ad opera degli intellettuali incapaci di trovare un collegamento tra popolo e nazione. E il Sud America? Visto che "siamo una generazione che ha perso la speranza", il Sud America è il luogo dove quella speranza è conservata, il luogo dove si può ancora cambiare il mondo. Stassi sostiene che gli scrittori devono sporcarsi le mani e parlare nuovamente di storie e di storia. Sostiene che i giovani sentono la necessità di leggere storie come il rapimento di Aldo Moro o la morte di Pasolini. Che desiderano "libri più profondi che larghi. Libri che vadano più in verticale che in orizzontale".
Sulle note delle Prospettive Lateatrali, la voce di Giacomo Casti diventa quella di Rigoberto che si dispera per una donna-cosa che cercherà tutta la vita e non troverà mai. Così come si dispera (realmente) Stassi dopo aver fatto il calcolo di quanti libri riuscirà a leggere in tutta la vita: tremila. "Troppo pochi, soprattutto quando ho saputo che Bobbio ne leggeva diciotto a settimana". Dunque è meglio scriverli , i libri, così almeno certi brutti pensieri scivolano via.
E a proposito di gente che scrive libri, la Mostra di Macomer è l'appuntamento più completo in Sardegna per trovarli, quei libri: testi sardi di autori sardi che parlano di Sardegna. Dunque niente Montevideo, niente Sud America, niente grande romanzo popolare, niente canovacci ottocenteschi da rielaborare e attualizzare. Ma allora il futuro del romanzo non è lo stesso che oggi si celebra all'ombra dei nuraghi? Qui, in Sardegna, tra le oltre duemila pubblicazioni di Macomer c'è il presente, c'è un movimento di belle penne sarda che sta catalizzando l'attenzione di molti. Ma non c'è il futuro. Almeno non secondo la linea tracciata dai due autori chiamati dall'Aes (Associazione editori sardi) e dall'Associazione librai sardi indipendenti. Buonanno cambia diplomaticamente registro. Gli scrittori sardi sono tutt'altro che chiusi. Penso che stiano lavorando bene e che stiano creando una bella mescolanza. In questo momento l'Isola si trova a un punto di partenza: se si dovesse fermare sarebbe una storia finita. E' una bella responsabilità.
Stassi non cambia affatto registro e ribadisce il concetto. E' siciliano e di senso di appartenenza ne sa quanto basta. "Per tanti anni ho scritto storie ambientate in Sicilia, senza mai riuscire a pubblicare niente. Poi mi sono sbloccato e ho cercato di staccarmi dalle storie della mia terra. E' stato molto doloroso ma indispensabile". E' andato a cercare un'altra geografia. "La trasfigurazione è fondamentale e se ti allontani è meglio. Rifuggo dall'autobiografia perché è un'insidia". Per lui il futuro è non utilizzare la letteratura per dire le cose che si vogliono dire ma è mettersi al suo servizio. "Il localismo è un pericolo, la troppa voglia di raccontare la propria provincia rappresenta un pericolo. Bisogna lavorare sugli universali: per me, siciliano, Pirandello potrebbe benissimo essere tedesco. I sardi hanno Gramsci: chi più sardo, ma allo stesso tempo internazionale, di lui?". Il prossimo romanzo di Stassi è la storia di uno scacchista. Cubano.
Una risposta sulla questione dei tanti autori sardi che, in quanto tali scrivono solo di cose sarde, arriva dal libro L'isola che sorprende, presentato alla mostra dall'autrice, Anna Maria Amendola.
E' una tesi di laurea trasformata in un testo scientifico: analizza 300 libri di 80 autori sardi dal 1974 al 2006. Le conclusioni dello studio sono interessanti.
E' innegabile che esiste un bel momento per la letteratura isolana, anche rispetto ad altre regioni - sostiene l'autrice - ma questo senso di nouvelle vague percepita soltanto in Sardegna. Secondo la Amendola, tra gli autori che scrivono belle storie in quanto belle storie e non sarde ci sono Salvatore Niffoi e Milena Agus. E comunque, onore al merito per la capacità di promozione e comunicazione degli editori isolani (soprattutto Il Maestrale) che hanno saputo creare un movimento capace di sorprendere tutti. Uno scrittore sardo veramente universale? Sergio Atzeni.
Un'altra risposta arriverà invece domani con la presentazione di Cartas de Logu. Scrittori sardi allo specchio (Cuec 2007, 218 pagine, 12 euro). Da Francesco Abate a Bruno Tognolini, quarantadue scrittori mettono a confronto i due elementi che li contraddistinguono: essere sardi e scrivere libri.

27/10/2007

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